Se il successo di una band si misurasse dalla costanza, dalla fedeltà alle proprie idee e dalla voglia irresistibile di fare musica, credo che gli
Illusion of Control avrebbero avuto ben altra carriera.
La storia del combo originario di Cluj infatti è una continua corsa in salita e controvento: nati nel 2007 grazie alla volontà dei chitarristi
Csiszár Gellért e
Bálint Szabolcs e del vocalist
Szabó Hunor mantengono una lineup piuttosto stabile grazie anche agli ingressi del drummer
Sulyok Csaba e del bassista
Vlădăreanu István fino al 2011, pur senza pubblicare praticamente nulla. Purtroppo però questo non basta e lo stesso
Gellért nel 2014 stacca la spina.
Ma si sa le amicizie -quelle vere, specie se saldate da passione comune- non possono morire e così i nostri nel 2018 ridanno vita alla loro creatura e solo grazie ai propri sforzi pubblicano finalmente il loro primo EP, "
Grim New World", del quale stiamo per parlare.
A questo punto credo che l'incipit sia più chiaro: bastasse la fatica saremmo di fronte ad un capolavoro.
Purtroppo le quattro tracce del dischetto sono ben lungi da questa definizione, soprattutto se il genere proposto è un death melodico con forti influenze progressive, campo nel quale è facilissimo fare pastrocchi.
Quando i tuoi termini di paragone sono bands quali In Vain, Persefone, In Mourning, Barren Earth per poter anche solo dire la tua devi avere preparazione tecnica e soprattutto idee di prim'ordine: in questo figlio irrequieto del death metal che si regge sull'equilibrio tra la violenza e la follia del prog la capacità di giocare su due tavoli contemporaneamente è tutto.
I nostri invece -pur riuscendo ad interpretare discretamente le due parti- non riescono ad unirle in modo coerente: è come se ogni canzone procedesse a strappi, senza continuità, un susseguirsi di accelerazioni e rallentamenti.
Valga per tutte l'iniziale "
Downtrodden": finchè il registro si mantiene su ritmi death la canzone resta uniforme, ma non appena iniziano le variazioni con le alternanze tra harsh e clean vocals, chitarre distorte e parti acustiche si avvertono fastidiose incertezze che purtroppo si ripetono anche nelle seguenti "
The Departure", "
Dystopia" e nella conclusiva breve "
The Words Unspoken".
"
C'è del buono in loro, l'ho percepito"(cit. famosissima) ma per ora non si va oltre una sufficienza stiracchiata.
Spero comunque che gli
Illusion of Control riescano a pubblicare quanto meno un full length, il destino è in debito con loro.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?