Quando uno il rock and roll ce l’ha nelle vene state pur certi che ci morirà! Ma non prima, come nel caso del buon vecchio
Ace Frehley, di aver scritto qualche altra simpatica pagina di storia. Diciamocelo chiaramente, lo Space Man era senza dubbio il più talentuoso dei quattro Kiss, e se non fosse stato per i continui litigi con i padri padroni
Simmons e
Stanley, le cose sicuramente sarebbero andate diversamente. Ma, come si dice, è inutile piangere sul latte versato, con i se e con i ma non si fa la storia. Con gli ottimi pezzi, invece, si…
Già con il precedente “
Space invaders”
Ace aveva dimostrato di essere in grande forma e di aver recuperato l’ispirazione, affilando almeno 3 o 4 brani di indiscutibile valore. Col divertissement “
Origins Vol. 1” aveva messo su un dischetto spassoso da ascoltare, fresco e vivace, mentre con questo nuovo “
Spaceman” (che fantasia!) torna agli inediti e lo fa alla grande, confermando quanto di buono fatto negli ultimi anni di carriera.
Mentre i suoi vecchi compagni annunciano il loro ultimo tour mondiale e l’intenzione di non voler pubblicare nuovi album (sarà vero? chi vivrà vedrà…), lo Spaceman tira giù una manciata di brani onestissimi, senza eccessive pretese, scritti con il cuore (si sente eccome), lontani dalle mega produzioni patinate, soltanto tanta passione e rock and roll. E in tutto ciò il nostro si spara anche 3 o 4 brani di livello superiore, che dimostrano ancora una volta quanto abbiano perso i Kiss a livello compositivo estromettendolo dal gruppo: “
Bronx boy”, “
Off my back”, “
Rockin’ with the boys” (dal ritornello 100% Kiss) sono pezzi che possono uscire solo dalla penna di chi un certo tipo di sonorità le ha create, si sente che non sono derivativi, si sente che sono scritti per colpire dritti nel segno, sono semplici e diretti, ma funzionano alla grande.
Come per il precedente lavoro, mi preme sottolineare quello che è il vero e unico punto debole di un album altrimenti ancora più valido, e cioè la voce di
Frehley, poco incisiva, a volte un po’ spenta, di certo non il fiore all’occhiello del nostro Bronx Boy. Certamente l’inserimento di un cantante vero e proprio nella line up avrebbe alzato sensibilmente il valore dei brani, e avrebbe alzato di almeno mezzo punto anche il giudizio finale. Niente di assolutamente grave, chiariamo, ma dà ai nervi sapere che canzoni di un certo spessore sarebbero potute risultare ancora più valide, se solo l’ego del protagonista (o forse il non voler pagare un’altra persona?) alla fine non avessero prevalso sulla ragione. Problema che non sussiste, fortunatamente, nella bella e conclusiva “
Quantum flux”, uno strumentale delicato ed andante, dalle sonorità quasi sixties, davvero un ottimo sigillo per un album che si lascia ascoltare liscio liscio…
Ultima cosa da sottolineare: l’opener “
Without you I’m nothing” e “
Your wish is my command” (entrambe molto valide) sono state scritte a quattro mani con l’ex partner in crime
Gene Simmons, che suona anche il basso (e si sente eccome), abbastanza per far sussultare l’intera Kiss Army e far partire congetture e scommesse su un eventuale reunion. A maggior ragione ora che la band ha annunciato il tour di addio alle scene, sono in migliaia i fans che spererebbero in un ritorno dello Spaceman in formazione, per riprendere il posto che gli spetta di diritto e salutare per un’ultima volta i fans di tutto il mondo. Se questa cosa accadrà o meno soltanto i diretti interessati lo sanno, intanto noi ci godiamo questo album e restiamo in attesa di notizie a riguardo, sperando che l’impossibile possa una volta tanto accadere…