Tra i pregi della globalizzazione e della tecnologia c’è sicuramente quello di aver contribuito ad aumentare la visibilità di tanti gruppi musicali che, complice anche l’assenza di una grande tradizione
rock n’ rollistica del loro paese d’origine, difficilmente avrebbero potuto emergere da un ristretto circuito “locale” o dal pantano dell’
underground.
Dall’altra parte, però, il rischio è che tutta questa enorme possibilità di “scelta” finisca per disorientare e frastornare il
rockofilo nella sua continua ricerca di “novità”, una delle imprescindibili peculiarità della suddetta “bizzarra” categoria umana.
E allora, a beneficio di costoro, mi permetto di segnalare con entusiasmo il disco di debutto sulla lunga distanza dei
Black Tiger, formazione della Repubblica Ceca dedita a una pregevole miscela di
hard-rock e
AOR, intensa, vitale e attentissima alle costruzioni melodiche.
Registrato al
Tanzan Music Studio nel 2017 e prodotto da
Mario Percudani (anche ospite dell’opera, al pari di
Dan Reed,
Josh Zighetti,
Giulio Garghentini e
Alessandro Moro) l’albo è una vera delizia per tutti gli apparati
cardio-uditivi degli estimatori di Bon Jovi, White Lion, Icon e Night Ranger, da cui i nostri mutuano le migliori prerogative espressive senza eccedere nello spirito d’emulazione.
La qualità degli arrangiamenti e la classe delle composizioni affiorano con “semplicità”, dando origine a brani privi di fastidiose sofisticazioni e di smodate “sovrastrutture”, in grado di ostentare la (per certi versi) sorprendente maturità di una
band che dimostra di saper trattare la materia con perizia e sensibilità, lasciando che il valore superiore di una “bella canzone” sia il faro primario della sua produzione artistica.
E di questa “robetta” in “
Black tiger” ce n’è davvero tanta … dall’ammaliante romanticismo di “
Don't leave me”, “
Solitary man” e “
Silent cry” (molto suggestivo l’intervento di
sax di
Moro), alle intriganti melodie di “
Life is a game” (con appena un pizzico di Toto nell’impasto sonico), "
Against the grain”, “
Reason to live”, "
Who is to blame” e “
Never too late”, per poi arrivare infine alle grintose scansioni di “
She's a liar” e alla sontuosa chiusura “
Open your eyes”, il programma solco dopo solco ci consegna un suono magari non proprio “imprevedibile” e tuttavia di grande impatto emozionale, capace di coinvolgere fin dal primo contatto e rimanere in circolo in maniera stabile e duratura.
I Cechi
Black Tiger sono, dunque, molto di più che una “stravaganza geografica” del
rock melodico e si rivelano al “mondo” come una solida e affascinante realtà della scena internazionale, che merita in via prioritaria la considerazione e il sostegno di tutti quelli che amano il genere.
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