"This CD surely is a "must have" for every Virgin Steele fan an a perfect album to celebrate Virgin Steele's 20th anniversary". Queste parole, prese dalla presentazione allegata alla copia promozionale, sono da sole il miglior sunto che si possa fare per questi "Book of Burning" e "Hymns to Victory". Si tratta di due album che bisogna avere perché contiene canzoni inedite del passato e nuovi brani, ma si tratta anche di un album che è da destinarsi più che altro ai fans della band; a un ragazzo che vuole avvicinarsi per la prima volta alla band di DeFeis ben poco interesserà una "Noble Savage" riproposta con il mixaggio originario, così come una "Symphony of Steele" mixata differentemente da quanto apparve invece sul "Marriage of Heaven and Hell part II".
Per carità, si tratta di veri e propri reperti storici riportati alla luce, e ciò non può che essere una cosa positiva, ma questo non vuol dire che il lavoro in questione possa essere destinato a ogni tipo di ascoltatore. Personalmente sono da annoverare fra quelli che ritengono sia questo il modo migliore per celebrare i vent'anni di carriera; trovo infatti fantastico ritornare indietro nel tempo e sentire riecheggiare negli speaker le note di una "The Redeemer" o di una "I am the One", brani mai dimenticati ma condannati a rimanere sui vinili di pochi.
Detto questo, è tuttavia doveroso distinguere nettamente fra i due album: "The Book of Burning" contiene degli inediti e delle songs dai primi due album (mai ristampati su cd), di cui alcune ri-masterizzate, mentre altre addirittura ri-registrate. Questo è senza dubbio il lavoro che più è in grado di accontentare i fan sfegatati dei Virgin Steele. Certo, fra questi ci sarà chi storcerà un po' il naso nel sentire brani come "Don't say Goodbye" riproposti con una produzione moderna, decisamente più potente, che rende i brani vicini alle sonorità dei due "House of Atreus" più di quanto lo siano veramente, ma penso che avere ora entrambe le versioni dei brani sia una ricchezza non da poco.
"Hyms to Victory", seconda parte di questa celebrazione del ventennio di carriera, è invece più vicino al "Best of" tradizionale; contiene infatti quelli che sono divenuti i classici della band, più qualche brano riproposto con un mixaggio differente. Le nuove masterizzazioni, specialmente per quanto riguarda le songs estratte dagli ultimi tre album, correggono quelle piccole pecche di produzione delle versioni rilasciate precedentemente: il rullante di "Invictus" suona un po' meno da pentolaccia, i brani degli "House of Atreus" diventano più aperti e ricchi di medio/alti, mentre le chitarre acquistano quel punch che mancava nelle release originarie e che conferisce indubbiamente più incisività al tutto. Nulla di sconvolgente, sia chiaro, ma i miglioramenti ci sono.
La vera gemma dell'intero "Hymns to Victory", però, penso sia "Saturday Night", brano che risale a "Noble Savage", ma che mai vide la luce. Questa song, nemmeno troppo datata, ci ripropone molto fedelmente lo spirito rock made in USA della band così come era all'alba degli eighties.
In tutto i Virgin Steele ci propongono ben centocinquantadue minuti di musica di altissimi livelli, come ben ci hanno insegnato in questi lunghissimi vent'anni di epic metal d.o.c. Non si può arrivare a giudicare questo album come un "nuovo" album dei Virgin Steele, come proprio David chiedeva, ma si può dire che poco ci manchi; di certo la band è riuscita a regalarci qualcosa di più delle solite trovate celebrative create ad hoc per racimolare qualche soldo senza il minimo sforzo. Vero, non è un acquisto obbligato, ma se avete quattro lire da spendere, questo può essere il modo migliore, statene certi.
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