Non hanno badato a spese
Cristiano Tiberi ed
Elisa Scarpeccio per il loro primo album marchiato
Last Union. Non paghi del coinvolgimento di
Uli Kusch (ex-
Masterplan) e
Mike LePond (bassista dei
Symphony X), i due connazionali sono riusciti ad avere anche gli arcinoti
James LaBrie (
Dream Theater) alla voce e
Jens Bogren in cabina di regia.
"Twelve" è un album formalmente ineccepibile, ma è anche un debutto che - in quanto tale - presenta tutta una serie di pregi (qualcuno) e di difetti (un po' di più) che andrò qui ad elencare.
Sulla produzione e sulla performance c'è poco da dire: stiamo parlando di eccellenze universalmente riconosciute e
Cristiano ed
Elisa si rivelano assolutamente all'altezza della situazione. Sul songwriting, invece, sono convinto che ci siano buoni margini di miglioramento.
Stupisce che il brano meno convincente sia stato posto in apertura e sia stato scelto per un video ufficiale:
"Most Beautiful Day" è caratterizzato da melodie poco incisive e da melodie trite e ritrite, alle mie orecchie un tributo maldestro a
"Enlighten Me" dei sopraccitati Masterplan. Riconosco però che i
Last Union danno il loro meglio quando c'è
James LaBrie di mezzo: se
"President Evil" rimanda alla discografia solista dell'americano,
"A Place In Heaven" vince il premio di traccia più propriamente progressiva del lotto.
La formazione predilige le tracce essenziali e dirette (
"Ghostwriter", "Limousine" e
"Purple Angels" mi hanno ricordato i nostrani
Eternal Idol), ma spesso cade nella tentazione di attingere a piene mani dai repertori più innocui delle band female-fronted (
"The Best Of Magic" e
"Back In The Shadow" devono molto ai
Within Temptation).
Insomma, un inizio positivo ma non entusiasmante: è presto per dire se stiamo parlando di una
"next big thing".
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