Quarto album solista (dopo "Starfire", "Wolrldchanger" e "Out to Every Nation") per il vocalist norvegese Jorn Lande, già ugola d'oro, tra gli altri, di Masterplan, Beyond Twilight ed Ark (come dimenticare la sublime ed eclettica prestazione vocale su "Burn the Sun"). Per questo suo nuovo lavoro, Lande si avvale della collaborazione di musicisti di indiscusso livello quali i chitarristi Jørn Viggo Lofstad (Pagan's Mind), presente anche su "Out to Every Nation", e Tore Moren (Arcturus, Carnivora), il bassista Morty Black (TNT), il batterista Willy Bendiksen (già con Lande ai tempi degli "Snakes") ed il tastierista Don Airey (Rainbow, Ozzy Osbourne), confezionando un prodotto formalmente ineccepibile, in cui spicca, ovviamente, lo splendido timbro vocale del cantante norvegese, ma, è bene metterlo in chiaro immediatamente, non colpisce né incanta.
"The Duke" è un disco di puro hard rock, una sorta di Whitesnake "vitaminizzati" (del resto non si scopre certo oggi la somiglianza della voce di Lande con quella del "maestro" Coverdale) con qualche divagazione "sabbathiana" (periodo Dio) sul tema.
L'opener, "We Brought the Angels Down", non coinvolge più di tanto, muovendosi in territori sonori tipicamente (e tranquillamente) hard rock; di ben altro calibro "Blacksong", le cui linee vocali riconducono la memoria ai fasti di "Burn the Sun", e, soprattutto, l'energetica "Stormcrow", forse l'episodio migliore dell'album, caratterizzata da un godibilissimo refrain e da una break strumentale, sia in sede di assolo che di sezione ritmica, al fulmicotone. Si procede senza infamia e senza lode con le succesive "End of Time" e "Duke of Love" (ottimi, comunque, gli assoli del duo Moren/Lofstand), mentre è nella ballad "Burning Chains" che Lande sale in cattedra offrendo una magistrale interpretazione vocale. Richiami dei Black Sabbath dell'era Dio si rinvengono durante l'ascolto di "After the Dying " e "Midnight Madness", quest'ultima degna di particolare menzione in virtù di una rocciosa sezione ritmica. Chiudono l'album una coinvolgente cover di "Are You Ready" dei Thin Lizzy ed una superflua rivisitazione di "Starfire", brano già presente nel primo, omonimo, lavoro. Per i collezionisti, infine, è da ricordare che la versione giapponese del disco in questione contiene (come sempre, del resto!) una bonus track: "Noose".
"The Duke" è, dunque, un buon lavoro che certamente non mancherà di entusiasmare i tanti fans del "duca" norvegese. Visto, però, l'enorme talento di Lande e l'indubbio valore di tutti i musicisti che hanno prestato la loro opera per questo album, era lecito aspettarsi molto di più.
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