Lucy Maud Montgomery, brillante scrittrice di testi per l’infanzia, ebbe modo di affermare:
“
Ho letto una volta in un libro che una rosa con qualsiasi altro nome avrebbe sempre il suo profumo, ma non sono mai stata capace di crederci. Non credo che una rosa sarebbe altrettanto bella se si chiamasse cardo o cavolo cappuccio”.
Lo scritto cui faceva riferimento era nientepopodimeno che “
Romeo e Giulietta” di
William Shakespeare, quindi non proprio un libercolo da nulla; eppure, io mi trovo perfettamente d’accordo con l’autrice canadese.
Un ulteriore esempio a suffragio della tesi?
Eccolo: “
Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, film di
Michael Gondry del 2004 con
Jim Carrey e
Kate Winslet, agevolmente una delle migliori pellicole dell’ultimo quarto di secolo.
Il titolo originale (citazione di una poesia di
Alexander Pope) è delizioso e geniale… peccato che nel nostro Paese, a causa della criminosa tendenza all’italianizzazione –oltre alla malcelata volontà di conferire un rassicurante tono da commediola leggera-, si sia optato per “
Se mi lasci ti cancello”… abominio da denuncia penale.
Il film, per carità, rimane un capolavoro, ma ogni volta che ci si sofferma sul titolo il sapore si guasta un po’.
Dove potrò mai approdare al termine di un simile dissertazione?
Semplice: la proposta degli
Altarage suona grandiosa alle mie orecchie, ma viene purtroppo svilita da un
monicker generico e privo di fascino, attrattiva o sapore.
Basti soffermarsi su alcuni riferimenti prossimi alla compagine basca:
Teitanblood,
Impetuous Ritual,
Ævangelist,
Mitochondrion… altro impatto, non vi pare?
Tanto vale farsene una ragione, perché ormai siamo al terzo
full length ed è tardi per ripensarci; senza contare che, come scritto poco sopra, ogni altro aspetto di “
The Approaching Roar” convince appieno.
Il raggelante
artwork –ancora una volta privo di colore- descrive come meglio non si potrebbe il
mood dell’
album; lo stesso può dirsi di produzione e mix, per i quali si può ben spendere l’aggettivo “convulso” purché lo si spogli di ogni accezione deteriore.
Anzi, sono certo che quello ottenuto sia precisamente il sound che i Nostri musici ignoti intendevano raggiungere; un sound che, in effetti, è proprio come il loro approccio alla materia del
death metal: pulsante, vorticoso, strisciante, inquieto, allucinogeno, privo di luce e speranza, schizofrenico negli schemi compositivi e nell’alternanza estrema di ritmi fulminei e pachidermici (ascoltare “
Urn” per credere), anarchico eppur lucidissimo nel perseguimento della follia in note (brani come “
Cyclopean Clash” o “
Inhabitant” suonano come l’incarnazione stessa del concetto di “caos organizzato”).
I richiami ai
Portal -benché mitigati rispetto agli esordi- sono lì da sentire, eppure le composizioni di “
The Approaching Roar” sfoggiano un’autorevolezza ed un grado di padronanza della materia trattata tali da sbriciolare ogni remora o perplessità.
L’approdo nei
top album è mancato di un pelo, ma presumo basti armarsi di pazienza: la parabola artistica degli
Altarage mi sembra in costante ed inesorabile ascesa… se limitiamo il campo d’indagine al profilo strettamente qualitativo.
Vano, infatti, sperare in chissà quali sviluppi in termini di riscontro commerciale per una proposta così ostica, priva di qualsivoglia concessione melodica e fieramente
underground.
Gli sparuti ma lungimiranti amanti del genere, quantomeno, avranno senz’altro segnato nel proprio taccuino il nome “
Altarage”...
...peccato non sia un gran nome, ma vi assicuro che il contenuto merita eccome.
[P.S. visto che ho aspramente criticato il
monicker ve ne fornisco perlomeno il significato:
Ecclesiastical:
offerings made upon an altar of a church.
offerings made to a church.
an honorarium paid to a priest for services at the altar from offerings and gifts.
endowments for the saying of Masses for deceased persons, often at a particular altar.]