Copertina 6

Info

Anno di uscita:2019
Durata:49 min.
Etichetta:Rockshots Records

Tracklist

  1. FACING THE TRUTH
  2. DISENGAGE
  3. JADED
  4. TILL DEATH DO US PART
  5. LAST CHRISTMAS (WHAM! COVER)

Line up

  • Lucas Flocco: vocals, guitars
  • Jesse Shaw: bass

Voto medio utenti

Davvero curiosa la storia di questi ragazzini americani provenienti dalla Pennsylvania la cui fondazione avviene nel 2013 per opera del chitarrista, nonchè vocalist, Lucas Flocco il quale, a seguito dello split con gli “Outlander”, decide per l’appunto di formare una nuova band sotto il monicker di MORTANIUS che annovera tra le sue fila anche altri giovanissimi musicisti praticamente sconosciuti, come Victor S Cardone alla batteria, Michael Gissi all’altra chitarra ed Eric Giannone, sostituito l’anno successivo da Jesse Shaw al basso. Dopo 3 mini EP, che contengono cadauno 2-3 brani propri e qualche cover per lo più pop-rock, nel 2017 la band entra in studio per la registrazione del vero e proprio album di debutto, ma proprio in quel momento. ben due membri su quattro, precisamente Cardone e Gissi, decidono di intraprendere altre strade, abbandonando Flocco e Shaw al loro destino.
Cosi, ci vogliono ben 2 anni prima di vedere completato “Till Death Do Us Part”, disco in cui i due musicisti rimasti tentano di sopperire alle partenze dei loro ex compagni di viaggio circondandosi di collaborazioni e “special guests” del calibro di Leo Figaro (vocalist dei “Dragon Guardian”), Ollie Bernstein (chitarrista degli “Ousiodes”) e soprattutto Jonas Heidgert (singer dei “Destiny” ed ex-“Dragonland”).
La proposta musicale avanzata dai Mortanius in questo esordio che, per direzione stilistica e sonorità, sembra riportarci indietro nel tempo, precisamente agli anni 90, è un misto di progressive, power e symphonic metal dalle influenze spiccatamente neoclassiche, come si evince sin dalla prima traccia “Facing The Truth” in cui sembra di ascoltare il primo Malmsteen o gli Elegy di “Supremacy” ovvio, con le debite proporzioni e senza la freschezza dei lavori di questi due illustri predecessori. Nella successiva “Disengage”, aperta da una tastiera che crea della atmosfere cupe e malinconiche, continuano i paragoni con i grandi del passato e stavolta i riferimenti vanno ai “Symphony X” di “The Damnation Game”, il pezzo tutto sommato è piacevole e si regge su un perfetto equilibrio tra prog e power con dei cori che esaltano il cantato conferendo maggiore epicità al brano mentre la chitarra di Flocco fa degnamente la sua parte. E’ la volta poi di “Jaded”, traccia che sembra essere concepita appositamente per l’ex frontman dei “DragonlandJonas Heidgert il quale difatti, si trova perfettamente a suo agio all’interno di queste sonorità ed atmosfere malinconiche dal sapore agrodolce. Il pezzo più complesso dell’intero album è indubbiamente la title-track, della durata di ben 18 minuti, che può essere considerata una sorta di sintesi di tutte le caratteristiche sin qui descritte ed in cui le influenze con i maestri del genere emergono nuovamente in maniera prepotente, quasi pesante. La struttura della traccia è in continua evoluzione, secondo la tradizione prog, ma le linee melodiche (anche qui dalle tinte fortemente drammatiche) e vocali sono tipicamente classicheggianti mentre la sezione ritmica alterna parti veloci ad altre più cadenzate, Flocco e Shaw ad ogni modo dimostrano di avere delle apprezzabilissime doti tecniche. Si arriva poi alla conclusione del disco affidata a “Last Christmas”, l’immancabile cover (appuntamento fisso evidentemente per la band), ma obiettivamente la canzone degli Whaam si adatta ben poco ad un sound metallico, sebbene i nostri ragazzini tentino in tutti modi di tramutarla nella classica ballata metal, ma il risultato finale lascia alquanto perplessi.
Insomma ricapitolando, l’album tutto sommato si lascia ascoltare e i Mortanius si dimostrano una band dal gusto musicale sopraffino e dalle ottime capacità, tuttavia in certi frangenti appare davvero troppo derivativo e privo di quella freschezza ed ispirazione che ci si attenderebbe da una band che, al suo debutto, dovrebbe avere qualcosa in più da dire e mostrare al pubblico, piuttosto che “scimmiotare” i grandi del passato anche se di contro, vanno ricordati tutti i problemi di line-up verificatisi alla vigilia dell’entrata in studio, che hanno indubbiamente reso complicato il processo di song-writing e quindi non è corretto essere eccessivamente severi nei confronti di un gruppo che comunque lascia intravedere qualcosa di buono e da cui è lecito auspicarsi qualcosa di più in futuro.
Recensione a cura di Ettore Familiari

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