Copertina 8

Info

Anno di uscita:2019
Durata:74 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. CASTAWAY
  2. GENESIS
  3. SPIRITS WILL COLLIDE
  4. EVERMORE
  5. SPRITE
  6. HEAR ME
  7. WHY
  8. BORDERLANDS
  9. REQUIEM
  10. SINGULARITY (PART 1: ADRIFT)
  11. SINGULARITY (PART 2: I AM I)
  12. SINGULARITY (PART 3: THERE BE MONSTERS)
  13. SINGULARITY (PART 4: CURIOUS GODS)
  14. SINGULARITY (PART 5: SILICON SCIENTISTS)
  15. SINGULARITY (PART 6: HERE COMES THE SUN)

Line up

  • Devin Townsend: vocals, guitars, bass, keyboards, programming

Voto medio utenti

Primo ascolto:
voto 7
(opera tanto mastodontica quanto prolissa e dispersiva)

Secondo ascolto:
voto 7,5
(un mare magnum in cui molte ottime idee risultano inquinate da altre meno buone)

Terzo e quarto ascolto:
voto 8
(Devin ispirato come non come non si sentiva da tempo, top album facile, ad un passo dal capolavoro)

Quinto ascolto e successivi:
8,5?
(capolavoro e disco dell'anno?)

Mmmh, ancora no: dopo svariati passaggi in cuffia non mi reputo ancora in grado di sbilanciarmi in modo lapidario su "Empath", platter ricco, denso, complesso e sfaccettato al punto da richiedere settimane e settimane per essere assimilato appieno. E se questa affermazione dovesse sembrarvi iperbolica, sappiate che mi sono tenuto stretto.
Ammetto col massimo candore intellettuale la mia inadeguatezza a disquisire di un'esperienza in note che deve necessariamente esser vissuta. Sviscerarla nelle sue innumerevoli minuzie significa, per quel che mi riguarda, svilirne la portata e rovinare la sorpresa.

"Empath", esattamente come i migliori dischi di Townsend (e come altri indimenticabili album della storia del prog), possiede davvero la dote di catapultare l'ascoltatore in un'altra dimensione.
Chi voglia ancora cimentarsi con le lyrics, e non si senta troppo vecchio per fabbricare pellicole mentali, avrà la possibilità di seguire le peripezie di un novello Robinson Crusoe alle prese con bizzarre creature e dilemmi interiori alimentati dallo stato di solitudine cui giocoforza il naufrago è costretto.
Devin dipinge il canovaccio del concept con pennellate vivide, decise, utilizzando l’intera palette dei colori, non ponendosi limitazione alcuna.

Il che, d’altra parte, è esattamente ciò che accade sotto il profilo della direzione creativa -con ogni probabilità resa ancor più ardimentosa dalla collaborazione col produttore artistico Mike Keneally-.
Sarebbe ingenuo stupirsi nel 2019 dei livelli di pazzia che il canadese riesce a lambire; nondimeno, la follia può esser lucida, così come si possono rinvenire profili di organizzazione nel caos.
Per nostra fortuna, è proprio il caso di “Empath”.

Ce ne rallegriamo, dal momento che un disco monstre dallo spettro sonoro così sconfinato, in cui si miscelano senza soluzione di continuità soul, prog, elettronica, ambient, folk, cyber thrash, gospel, musical, death e rock sinfonico, sarebbe risultato indigeribile senza una visione globale illuminata.
Invece, le composizioni acquisiscono senso e coesione ad ogni passaggio nello stereo, tanto che l’inevitabile spaesamento iniziale si dissiperà minuto dopo minuto per lasciar spazio a meraviglia ed ammirazione per un artista dal talento sconfinato.

Benché sia pleonastico scriverlo, non si può soprassedere sulle delizie tecniche del neonato di casa Townsend, che si fregia di suoni spaventosi, di arrangiamenti maniacali, di sbalorditiva perizia esecutiva, di comparsate (cito ex multis Steve Vai, Samus Paulicelli dei Decrepit Birth, Chad Kroeger e la habituée Anneke van Giersbergen) capaci di fornire sfumature ulteriori ad un affresco sonico abbacinante.
Poi, certo, si potrebbero metter in risalto l’incipit dell’immane suiteSingularity”, che mi ha rimembrato la gloriosa “Deep Peace”, la “Juular”-esca trottola imbizzarrita a titolo “Hear Me”, la magniloquenza dei cori di “Spirits Will Collide”, le delizie vocali di “Why”… ma l’elenco potrebbe protrarsi all’infinito, e si finirebbe comunque per omettere qualche passaggio altrettanto memorabile.

Ciò che conta, a mio umile avviso, è che dopo alcune uscite in cui genio e qualità latitavano, il nostro Devin sia tornato in carreggiata da par suo.
"Empath" non piacerà a tutti, esaspererà i più impazienti, lascerà perplessi i meno open minded ed i propugnatori dell’asciuttezza in musica... eppure, per chi vorrà concedergli tempo, attenzione e concentrazione, saprà regalare grandinate di emozioni contrastanti e diverse ad ogni ascolto.

Voi conoscete tanti musicisti capaci di alternare in modo così organico grandeur epica e raccolto intimismo, oppure in grado di suscitare un'allegria quasi euforica un secondo, per poi commuovere sino alle lacrime quello successivo?
Io no, ed anche per questo nutro l’intima convinzione che quell'8 in pagella sia destinato a crescere ulteriormente nei mesi a venire.
Se poi sto stringendo tra le mani l'album Re del 2019 non lo so ancora; un posto d'onore nella top ten, in ogni caso, è riservato.
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 09 apr 2019 alle 17:39

Capolavoro assoluto, questo è un genio. Faccio fatica a trovare un altro artista cosi completo e schizofrenico. Disco da 9,5 secondo me

Inserito il 08 apr 2019 alle 17:23

Lo sto ascoltando... fiume in piena. Grandissimo Devin, a prescindere

Inserito il 08 apr 2019 alle 13:30

Disco bellissimo,Devin intenzionalmente ha fatto confluire in un unico album tutti gli stili proposti nella sua carriera,dando sfogo alla sua creatività come da anni non accadeva a causa della direzione ben precisa intrapresa col DTP. Grandissimo.

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