Questa volta
Neal Morse si è assunto due rischi enormi: il primo è l’aver voluto scrivere una vera e propria rock opera (idea già di per sé non originalissima), il secondo riguarda la scelta del soggetto, “un certo”
Gesù Cristo (libretto lasciato incompiuto anche da un altro personaggio poco noto di nome
Richard Wagner). E chi nella vita non ha ascoltato - anche solo per sbaglio - l’immenso
“Jesus Christ Superstar”?
Insomma, le premesse per un flop colossale c’erano tutte, eppure il sommo
Neal l’ha spuntata ancora. Forte di un cast di amici - ancor prima che professionisti - che include tra gli altri
Ted Leonard (
Spock’s Beard),
Nick D’Virgilio (ora nei
Big Big Train) e
Matt Smith (
Theocracy),
Morse ha prodotto un album non facile ma di sicuro impatto, ispirato e coinvolgente dall’inizio alla fine.
La “trama” è piuttosto nota, e questo agevola la comprensione degli eventi e l’avvicendamento dei cantanti, dall’incredibile
Talon David (ascoltate per bene
“The Woman Of Seven Devils”) all’ideatore stesso del musical nei panni di
Pilato (ma non solo). È musica sicuramente pensata per il teatro - e questo giustifica una certa sovrabbondanza di ballad, dalla disneyiana
“Free At Last” a
“Mary At The Tomb” - come dimostrano gli episodi dove spiccano cori e orchestrazioni (
“The Last Supper”, “Jesus Before Pilate And The Crucifixion”). Non viene mai meno neanche il tipico gusto pop dell’americano (
“Getaway”, “There’s Highway”) così come non mancano certi omaggi più o meno evidenti ai suoi artisti di riferimento (i Gentle Giant in
“The Madman Of The Gadarenes” e i
Black Sabbath/
Deep Purple in
“Get Behind Me Satan”).
E di
“Jesus Christ Superstar”? Poco o niente a dire il vero (e meno male): troviamo qualche riferimento nei testi - ma le fonti quelle sono - mentre musicalmente i cento e passa minuti di
“Jesus Christ The Exorcist” hanno più di
“Nostradamus” e della
Trans-Siberian Orchestra che del capolavoro di
Andrew Lloyd Webber.
Ebbravo
Neal.
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