Un fiammifero. Una copertina interamente bianca, vuota, e un fiammifero.
Laddove l’ultimo studio album, “
Liebe ist für alle da”, mostrava i
Rammstein in una composizione quasi caravaggesca, oscura, con inquietanti giochi di luce a mostrarli nell’atto di divorare una fanciulla, questa volta è solo un fiammifero, su sfondo totalmente bianco. Eppure, è proprio in questa copertina la chiave di volta per capire il nuovo, omonimo album dei tedeschi.
Dieci anni di distanza dal suo predecessore, e una serie di interviste in cui più o meno tutti i componenti della band hanno parlato di come il processo di scrittura e creazione sia sempre per loro doloroso, non facile, impegnativo; sei persone dall’Ego presumibilmente più che grosso, in una stanza, a decidere come far suonare una manciata di brani, non dev’essere di certo un’esperienza facile da gestire, emotivamente e professionalmente. Ma sono state le parole del chitarrista
Richard Kruspe, in un’intervista rilasciata recentemente, a farmi capire meglio il senso di questo “
Rammstein”, che poi è tutto in quel fiammifero: “
Cosa mi interesserebbe sentire in un nuovo album dei Rammstein? Ho pensato che ogni volta che la gente parla di noi, parla di fuoco. Si parla sempre e solo dello show. Nessuno parla più della musica per i Rammstein, e la cosa mi scoccia parecchio. Ho pensato, ‘voglio fare un altro disco. Deve essere musicale, in un modo che lo contraddistingua dagli altri dischi’. Questo era il mio scopo, questo è il nostro scopo”.
Ecco cos’è “Rammstein”. Un album che è fatto da 6 musicisti che suonano. Un album che prende un po’ le distanze dal baraccone, che si è rotto le scatole di “
Du Hast”, che urla al mondo “ehi, noi siamo arte, musica e parole!”, e che parole! I testi di
Till LIndemann non sono mai stati banali, ma questa volta alcuni brani ci regalano autentiche poesie in musica, che la band trasforma in atmosfera, suono, dipinto musicale su tela digitale. Scordatevi i pezzoni pestati uno via l’altro, il che non significa che non ci siano, ma, ecco, non sono più presenti PER FORZA. Li troverete quando, e solo se e quando, il testo o il brano lo richiedono, e mai viceversa. Di contro, “Rammstein” saprà regalare, a chi avrà voglia di ascoltarlo, un caleidoscopio di sapori in musica, dalle ballate delicate, a brani a dir poco inquietanti su storie altrettanto spiazzanti, a squarci di realtà che spesso mettono l’ascoltatore in una posizione scomoda… ossia la migliore per muoversi e non restare fermi. Un album diverso dai predecessori, che sicuramente verrà comprato a milioni, che sicuramente deluderà una bella fetta dei Ramm-fans, perché NON E’ un fan-album, ma l’esatto opposto. E adesso, cari lettori, un velocissimo track-by-track:
1. DEUTSCHLAND (Germania) – Primo singolo, primo strabiliante video (vedetelo, un’opera d’arte a se stante, controverso e multistrato come le opere d’arte devono essere) e prima perla di questo disco, “
Deutschland” è un canto di amore/odio per la terra natale della band, una terra natale emblematicamente contraddittoria, come il video mostra in maniera inoppugnabile.
2. RADIO (Radio) – In Germania dell’Est, un tempo, ascoltare la radio era un dei pochi mezzi per sognare, per volare altrove, per imparare e per andar via. I Rammstein lo sanno, visto che ci sono cresciuti, e questo pezzo racconta l’amore per un mezzo di comunicazione forse obsoleto, ma fino a poco tempo fa vero faro nella notte della Guerra Fredda. Insomma, Radio Ga Ga versione Rammstein!
3. ZEICH DICH (Mostrati) – Uno dei testi più belli dell’album, “
Zeig Dich” è dedicato alla chiesa, che senza neanche tanti giri di parole viene descritta come un’entità che predica il bene, e poi allunga le mani sui ragazzini. Brano assolutamente da ascoltare col testo in mano (magari tradotto), a partire dalle prime quattro parole cantate in latino, quel latino usato per farsi temere dalle masse adoranti: quattro parole in un latino INVENTATO. Più chiaro di così…
4. AUSLÄNDER (Straniero) – Si torna su argomenti leggerotti, con il vocione di TIll che racconta di quanto è importante per uno straniero imparare le lingue per rimorchiare… Pezzo carino e molto ruffiano, musicalmente una sorta di Rammstein anni ’80, interessante e divertente…
5. SEX (Sesso) – Una chitarrina alla “
Personal Jesus” su cui si costruisce un pezzone classicamente Rammstein. Le chitarre sono grosse grosse, la produzione (avevate dubbi?) è potente e cristallina, il testo? Beh, più ovvio di così…
6. PUPPE (Pupazzo) – Eccolo, uno di quei testi meravigliosamente disturbanti di cui vi parlavo. Detto in due parole, è la storia di una ragazzina rinchiusa in una non meglio precisata stanza, che viene lasciata a giocare con un pupazzetto mentre la sorella va a lavorare… Solo che la sorella lavora nell’altra stanza, sotto una luce rossa… In un crescendo di orrore e disgusto, “
Puppe” racconta di giovani prostitute costrette a violenze indicibili contro la loro volontà, fino all’uccisione della ragazza da parte di un cliente violento, cui segue la vendetta della piccola ragazzina, che stacca la testa al ‘pupazzo’… Un testo da brividi, su una musica costruita ad arte in un crescendo di inquietudine e violenza… Arte pura.
7. WAS ICH LIEBE (Ciò che amo) – Uno dei brani più “standard” del disco, ma ancora una volta occhio alle sonorità, decisamente inaspettate per un album dei Rammstein: batteria elettronica in cassa-rullante, chitarre acustiche ed elettriche, ritornello drammatico con le tastiere mai così presenti (in tutto l’album, non solo qui), un andamento volutamente claudicante e non il solito mazzatone pestato.
8. DIAMANT (Diamante) – Sorpresa dopo sorpresa, “
Diamant” è una struggente canzone d’amore e di perdita, ed è un lento quasi alla “
Seeman”; altro testo bello e da leggere… “bella come un diamante/eppure pur sempre una pietra”. E ancora una volta, il centro tonale dell’album è l’atmosfera, non la facile impressione di un carrozzone di hit singles prodotte in serie.
9. WEIT WEG (Da lontano) – Se non fosse blasfemo, citerei “
Perfect Strangers” dei
Deep Purple come fonte d’ispirazione per le tastiere dell’intro! Un altro testo a dir poco disturbante, che parla di un guardone, che spia di nascosto la sua ‘fonte di ispirazione’, avvicinandosi, in un crescendo di morbosità e perversione… E, come in tutto l’album, TIll alterna un cantato su registri baritonali al suo inconfondibile parlato, per trasmettere come un attore emozioni e stati d’animo…
10. TATTOO (Tatuaggio) – Uno dei pochi brani spaccaossa di questo album, con un testo che ti parla di tatuaggi sul corpo, di lettere rubate, della pelle che diventa un foglio su cui scrivere, fino a quando alla fine capisci che forse, ma forse, stava in realtà raccontando degli ebrei nei campi di concentramento e di ben altri tatuaggi… Spiazzante.
11. HALLOMANN (L’annunciatore) – Chiude l’album un altro brano dal testo bellissimo e disturbante, stavolta la storia di un pedofilo che adesca una ragazzina con promesse di divertimento, con segreti da non condividere, piccoli giochi di parole in tedesco a suggerire cosa lui ha intenzione di fare… Un altro mid tempo bellissimo e agghiacciante da ascoltare e da leggere.
Tirare le somme, dite? “
Rammstein” non è per niente l’album che il sottoscritto, e sicuramente molta della fan-base si aspettava. Un album molto introspettivo e “spesso”, se mi passate il termine, quasi a voler sottolineare la dimensione multisfaccettata di un gruppo di musicisti che forse, anche per colpa loro, sono stati presi più come degli intrattenitori circensi che come artisti.
Un album sicuramente imperfetto, ma che grida al mondo, forse per l’ultima volta, l’atto di esistenza di una band che mette la musica al centro, che si libera di orpelli e catalogazioni. Una band che la smette di mettere in scena baracconi
MarylinMansoniani, come nella cover di “Liebe ist für alle da”, e ritorna all’essenza, alle radici, alla base di tutto. Un fiammifero. Fuoco in potenza. L’essenza di un incendio, in tre centimetri di legno e zolfo.