A beneficio di qualche giovane lettore che potrebbe benissimo non sapere chi è Pete Townshend, diciamo in maniera molto stringata che nei lontani anni '60-'70 il presente chitarrista ha rappresentato l'anima di una delle più famose formazioni rock di ogni tempo: The Who. Non è questa l'occasione adatta per riassumere l'epopea del leggendario gruppo britannico, per inquadrarli basti sapere che nel '90 sono stati ammessi alla Rock & Roll Hall of Fame, hanno sfornato successi di portata mondiale vendendo un numero spropositato di dischi, realizzato le due opere rock più conosciute ed imitate in ambito musicale ("Tommy e Quadrophenia"), per un certo lasso di tempo sono stati considerati la bandiera di un'intera generazione giovanile fornendole anche un vero e proprio inno ("My generation"), hanno praticato eccessi sul palco e nel privato quasi impensabili per l'epoca anticipando o forse dando inizio all'era delle rockstars, in sostanza parliamo di uno dei più celeberrimi e significativi gruppi della storia del rock. Una parte consistente dell'esplosiva affermazione degli Who è indubbiamente merito di Townshend, personaggio di enorme spessore che nei suoi sessant'anni di vita ha attraversato svariate fasi esistenziali, inserite in un costante processo di crescita e maturazione. Dagli esordi rabbiosi e ribelli agli abusi di alcool e stupefacenti, conseguenza di una popolarità tanto enorme quanto difficile da gestire, dai momenti di frenetica esaltazione da superstar ai rovinosi contrasti di ego all'interno della band, dal drammatico periodo della catena di lutti che frantumò il grande sogno al salvifico incontro illuminante con la filosofia orientale per mezzo del guru Meher Baba, fino alla sospirata conquista di un definitivo equilibrio personale giunto magari in età avanzata ma protrattosi poi fino ai nostri giorni. Durante questo lungo percorso di esperienze Townshend non ha mai interrotto il rapporto con la musica, dando vita già al tempo degli Who ad una parallela carriera solistica piuttosto prolifica che non ha certo più raggiunto i fasti commerciali del passato, ma gli ha comunque permesso di conservare un buon nucleo di fedelissimi sostenitori e di restare in attività nientemeno che per quattro decenni. La presente antologia strutturata in due cd per un totale di quasi due ore e mezza di durata, riassume il meglio della produzione del chitarrista coprendo quasi per intero la dozzina di lavori realizzati. Musica in bilico tra rock e adult-pop, eleganti camei acustici ed immancabili magniloquenze teatrali, eleganza e misura nei toni ed arguzia concettuale, lo stile del Townshend solista è assai lontano da ciò che erano gli Who, un capitolo glorioso e felice ma irripetibile ed ormai consegnato al passato. La direzione intrapresa dall'artista ci porta invece verso canzoni di grande raffinatezza melodica, talvolta più tese e dinamiche con cenni di romanticismo settantiano altrimenti riflessive ed immerse in atmosfere eteree, magari trame intessute da filamenti color pastello insieme ad episodi radiofonici dai sofisticati arrangiamenti orchestrali, ed ancora asciutte ballate sentimentali o calibrate incursioni nel blues ed in soffici atmosfere floydiane, un ventaglio di soluzioni che prendono origine dal rock per espandersi in un orizzonte assai più vasto e privo di limitazioni. E' palese che lo stile di Townshend mal si adatta a chi cerca solo pura fisicità ed emozioni epidermiche, mentre piacerà a coloro che apprezzano un rock leggero e mutevole nella struttura ma curato nei particolari e di forte impatto emozionale. Quindi la raccolta si rivela utile a svelarci i vari aspetti dell'abilità e dell'intelligenza compositiva di un uomo che và senz'altro annoverato tra i grandi protagonisti della scena musicale.
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