Secondo album per i doomster francesi
Fiend che tornano a proporci il loro stoner/doom metal acido e pachidermico. La band sta vivendo un ottima fase della propria carriera tanto che sta seguendo in tour i
Tool per tutte le loro date europee, compresa quella italiana del Firenze Rock, prevista per il 13 giugno. Colpito dalla popolarità che la band sta riscuotendo negli ultimi mesi, mi sono avvicinato con un certo interesse all'ascolto della loro nuova fatica in studio e devo dire che riesco a capire i motivi della loro recente fortuna.
La band è infatti foriera di uno stoner ben congegnato e capace di sfruttare piuttosto bene tutti gli stilemi classici del genere amalgamando con ottimo mestiere le varie influenze che caratterizzano il loro suono: dai
Kyuss ai
Melvins, passando per gli onnipresenti
Black Sabbath fino a qualche spruzzatina industrial di qua e di là per inacidire quanto basta il suono. Qualche sporadica - ma ben piazzata - bordata hardcore e il risultato è servito: una serie di sette pezzi a presa rapida, pesanti e acidi, che si fanno apprezzare soprattutto per la loro assimilabilità abbastanza immediata. Il vasto campionario di influenze conferisce al platter quella varietà che permette a un disco di quasi un'ora di passare via abbastanza liscio: riff cadenzati alternati a fasi più convulse, assoli di chitarra bluesy, qualche partitura d'organo, voci sia pulite che hardcoreggianti... insomma un bel mix di elementi sapientemente messi a sistema per una buona resa in cuffia e una sicura ottima botta dal vivo.
Il punto forte del disco, cioè la sua capacità di miscelare in modo abbastanza convincente molte influenze diverse, è anche il suo punto debole: c'è davvero molta carne al fuoco e molti elementi interessanti risultano solo accennati o comunque poco sviluppati. La band vorrebbe risultare sia moderna che fedele alla tradizione, ammiccare a gente come gli
Elder ma anche tentare di evocare le atmosfere stregonesche dei vecchi
Cathedral o dei primi
Electric Wizard, senza riuscire compiutamente nell'intento. Insomma, a volte si ha la sensazione di perdere un po' il focus: la band sicuramente compone in modo molto spontaneo e butta nei pezzi tutto ciò che li può far funzionare ma in questo modo danno l'idea di essere ancora in cerca di una propria identità perfettamente definita.
Si tratta di un ascolto piacevole che in sede live si preannuncia senza dubbio entusiasmante ma che, per lo meno in cuffia, rischia di non rivelarsi poi così longevo o memorabile. Le indubbie capacità di songwriting della band fanno sperare in un'ulteriore crescita in personalità in vista di una futura release di lunga durata. Come sempre, anche qui, il terzo disco sarà quello della verità sull'effettivo rango della band.
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