...And Then There Were Three...I
Fleshgod Apocalypse hanno raggiunto l’invidiabile
status di band che si ama o si odia. Se in molti non hanno gradito i barocchismi di
“King” (vero Frank? ndr), chissà cosa penseranno adesso ascoltando il nuovissimo
“Veleno”.
Il death metal sinfonico degli italiani è sempre molto elaborato e curato nei minimi dettagli (
“Fury”), anche quando strizza l’occhio a band di riferimento della scena estrema (?) come
Dimmu Borgir e
Cradle Of Filth (
“Carnivorous Lamb”). Se
“Sugar” e
“Worship And Forget” mi hanno riportato alla memoria le atmosfere di
“Abrahadabra”, episodi come
“The Praying Mantis’ Strategy” e
“Monnalisa” sembrano rievocare sonorità decadenti di scuola
Within Temptation e
Therion.
La seconda parte del full-length suona quasi “classic”, con i cori in evidenza di
“Absinthe”, le tastiere imperanti di
“Pissing On The Score”, la voce femminile della ballad epica-romantica
“The Day We’ll Be Gone”, i contorni progressivi di
“Embrace The Oblivion” (con alcuni stralci di testi in lingua italiana). Proprio come
“King”,
“Veleno” si chiude con una riuscita traccia lasciata al solo pianoforte di
Francesco Ferrini - che comunque avrei valorizzato maggiormente in fase di mixaggio dell’album.
Tutto fumo e niente arrosto? Io non penso proprio.
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