In tempi di maggiore, spesso ottusa, intransigenza (ma non sono sicuro sia stata del tutto “debellata” …), un disco come questo avrebbe scatenato quasi certamente accuse di “tradimento” e molte discussioni extra-musicali, mentre oggi, forse, il rischio più grande è che finisca per passare inosservato, fagocitato dall’enorme offerta e dalla diffusa superficialità del
rockrama contemporaneo.
Proviamo a evitare entrambe le suddette circostanze segnalando all’attento pubblico di
Metal.it l’uscita di questo godibile “
Forever“, primo lavoro eponimo del progetto
AOR di
Jonas Wikstrand, noto per la militanza in Enforcer e Black Trip.
Sulla spinta del successo dei The Night Flight Orchestra, ecco dunque un altro caso di “
coming out” che consente di far emergere, da parte di chi finora l’aveva celata dietro ad una fiera appartenenza “metallica”, la propria vibrante passione per le sonorità di Boston, ELO, Angel, Steely Dan e Doobie Brothers.
I
Forever, di cui
Wikstrand è (con l’aiuto di alcuni ospiti) autentico
factotum, superano abbastanza bene le eventuali imputazioni di opportunismo sfornando un albo lezioso, derivativo e un po’
kitsch, eppure anche assai contagioso e divertente, colmo di stereotipi che si conficcano agevolmente nella corteccia cerebrale.
In tale contesto, anche la voce “efebica” e non particolarmente brillante di
Jonas finisce per diventare funzionale a una raccolta di brani che è davvero difficile scacciare dalla memoria, a iniziare dall’
opener “
Anywhere you've gone” e dalla “cinematografica” (qualcosa tra “
Flashdance” e la saga di “
Rocky”, per intenderci …) “
Call out my name”, perfette per illustrare con i fatti il concetto appena espresso.
Con “
Got me” ci si sposta felicemente su territori più grintosi e se “
Train” potrebbe essere stata scritta da
Jim Steinman, sfido chiunque a liberarsi con facilità dal pianoforte adescante e dalle trascinanti pulsazioni
funky di “
Rosebud”.
Le architetture pompose di “
Runaway through time” mescolano con discreta efficacia Angel ed ELO, “
Hell to pay” sviluppa la sua “attrazione fatale” attraverso una melodia catalizzante, mentre “
Mayday” omaggia con gusto gli immortali UFO (“
Doctor doctor”) e “
Blame me for trying” riserva un trattamento analogo al celebre
groove dei Doobie Brothers.
Con le affascinanti atmosfere barocche di “
Hope” si chiude un albo che percorre le strade del “già sentito” con qualità, scaltrezza e disinvoltura, invitando l’astante appassionato a un ascolto appagante e ricreativo, a cui affidarsi senza particolari sofismi e inutili pregiudizi.
Insomma, i
Forever dimostrano che “
Can’t fight this feeling” non è solo il titolo di una (bella) canzone … e ora chi sarà il prossimo
rude metallaro a cedere al “sentimento” e a rivelare il lato più sensibile e vaporoso della sua vocazione artistica?
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