“The key” e
“Thresholds” sono due capisaldi del death metal dei primi anni 90 la cui attualità non accenna a diminuire col passare del tempo. Purtroppo i litigi interni alla band fra
Mike Browning da una parte e
Louis Panzer e il resto della band dall’altra, ci hanno negato la possibilità di godere di ulteriori lavori della band floridiana. Il ritorno sulle scene della band nel 1999 con la pubblicazione dell’insipido
“Ethereal tomb” (ovviamente senza la presenza di Browning) è letteralmente passato inosservato ai più nonostante sia uscito per
Season of Mist ed ha portato ad un repentino scioglimento.
Nel frattempo
Mike Browning si è dato parecchio da fare lavorando a lungo nei brutali
Acheron e, soprattutto, con gli
After Death coi quali ha riproposto per anni in tour brani dei suoi ex-soci utilizzando il moniker
Nocturnus AD. (N.d.r: ho avuto modo di vederli esibire in questa formazione nell’ormai lontano 2008 in un locale a Milano), ma senza pubblicare materiale inedito.
Fino ad oggi.
“Paradox” è dunque il debutto di questa nuova/vecchia band, band che non fa mistero di volersi ricollegare al retaggio storico/musicale dei fu
Nocturnus. Basti osservare la copertina sci-fi, la quale richiama alla memoria in maniera fin troppo sfacciata quella di
“The key”, che è una palese affermazione di intenti, una “rivendicazione ” se vogliamo, dei
Nocturnus AD di voler recuperare l’eredità musicale della vecchia band di Mike.
Sebbene le intenzioni di riportare in auge quelle sonorità ci siano tutte, così come alcune reminiscenze a la
Morbid Angel (band in cui
Mike Browning ha suonato nel periodo 1986-91) “
Paradox” risulta in diversi passaggi ostico da digerire, mancando di quella ariosità e “spazialità” dei lavori dei
Nocturnus.
Attenzione non sto dicendo che è un brutto disco, tutt’altro. Brani come
“Seizing the throne”, “Paleolithic”, “Aeon of the ancient ones” (probabilmente la mia favorita del lotto) e “
Number 9” sono buoni ma nel complesso la band mostra la tendenza a complicarsi troppo la vita, appesantendo oltremisura la struttura e gli arrangiamenti delle canzoni, “distraendo” l’ascoltatore.
Esaurito l’effetto nostalgia, quel che resta è una manciata di canzoni scritte alla sana, buona e vecchia tradizione della scuola death americana ma a cui manca quel quid in più per primeggiare fra le uscite di questo 2019.
In ogni caso: “ben tornato Mike”.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?