Copertina 7,5

Info

Genere:Power Metal
Anno di uscita:2006
Durata:53 min.
Etichetta:Nuclear Blast
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. MORITURI TE SALUTANT*
  2. PRELUDE OF SOULS*
  3. INNOCENT*
  4. DEPRESSION*
  5. NO REGRETS*
  6. CONFUSION*
  7. BLACK*
  8. BEAUTY*
  9. NO FEAR
  10. SOUL SURVIVOR
  11. FULL MOON
  12. KILL YOUR GODS
  13. TURN MY WORLD AROUND
  14. BE WITH ME OR BE GONE
  15. SPEAK OF THE DEAD

Line up

  • Peter “Peavy” Wagner: vocals, bass
  • Victor Smolsky: guitars
  • Mike Terrana: drums

Voto medio utenti

Difficile trovare una band che sia stata in grado di evolversi e adattarsi a cambiamenti e situazioni avverse come i Rage di Peavy Wagner: in giro da quasi trent’anni, hanno realizzato il primo disco davvero valido solo al quinto tentativo (“Reflections of a shadow” nel 1990), e hanno subito importanti defezioni in due differenti momenti, entrambe le volte quando erano all’apice della loro evoluzione artistica. Francamente, dopo un disco scialbo come “Welcome to the other side” e uno appena discreto come “Unity”, il sottoscritto nutriva ben poche speranze di vederli tornare al vecchio splendore. Invece, ecco quello che non ti aspetti: l’ottimo “Soundchaser” nel 2003, uno splendido live album a corredare il loro venticinquesimo anno di attività, e un disco nuovo di zecca poco meno di due anni dopo, che ci conferma come questo periodo di ritrovata forma sia tutt’altro che passeggero.
I Rage della nuova formazione a tre, con Victor Smolski alla chitarra e Mike Terrana alla batteria, avevano sin dall’inizio guadagnato sul lato prettamente tecnico (su musicisti di tale calibro il buon Peavy non aveva mai potuto contare), ma sembravano francamente in calo per quanto riguardava il songwriting. C’era bisogno di buone canzoni in pratica, e sembra che questo “Speak of the dead” questo requisito lo soddisfi in pieno, configurandosi come un deciso passo avanti rispetto ai suoi tre predecessori. La prima parte del disco altro non è che una lunga suite di circa 23 minuti, nella quale la band tedesca torna a cimentarsi con le sonorità orchestrali tipiche di album straordinariamente riusciti come “Lingua mortis” e “XIII”. La differenza sta nel fatto che questa volta è stato lo stesso Victor Smolski ad occuparsi degli arrangiamenti: il risultato lo potete sentire da voi nel secondo movimento di questa minisinfonia, “Prelude of souls”, vale a dire, quando il prog anni ’70 incontra il power metal! Sono molti i rimandi a questo tipo di sound in tutta la durata della suite, ed anche se episodi come “Innocent” o “No regrets” sono tipicamente “XIII”, con il loro incedere imponente e sofferto allo stesso tempo, ogni qual volta che possono farlo i tre si lasciano andare a virtuosismi ed evoluzioni varie, che ci fanno capire come sia grande in loro la voglia di staccarsi dai soliti cliché.
Chiude il tutto “Beauty”, una delicatissima e malinconica ballata sostenuta da archi e chitarra classica, molto inusuale per i Rage, ma ugualmente affascinante, con un Peavy assolutamente a suo agio nell’interpretazione vocale (vi rimando all’intervista per alcune curiosità su come sia riuscito negli anni a modulare e a rendere più morbida e aggraziata la sua voce).
La seconda parte di “Speak of the dead” è assolutamente agli antipodi di quanto ascoltato fin qui, e ci mostra il trio alle prese con un lotto di canzoni cattivissime, straordinariamente vicine al sound di “Missing link” e “Black in mind”, vale a dire due dei più grandi capolavori del loro passato!
Brani come “No fear”, “Full moon” o “Kill your gods” ricordano davvero molto da vicino quei dischi, sia per le linee vocali che per il suono di chitarra. La title track è poi il pezzo migliore di tutto il disco, un’autentica mazzata speed con uno dei ritornelli più “Rage” degli ultimi anni: un must per ogni fan che si rispetti!
Chiariamo subito un dubbio: chi, come il sottoscritto, ha amato alla follia il periodo 1991-98 di questa band, non deve illudersi che “Speak of the dead” possa reggere il confronto. Siamo di fronte ad un disco davvero bello, suonato da una band straordinaria e pieno di grandi canzoni, ma “Trapped”, “End of all days” “XIII” e i due capolavori già citati erano un’altra cosa! Intendiamoci però, certi periodi non possono ripetersi, è giusto così, per cui accogliamo degnamente questo “Speak of the dead” e facciamo i complimenti a Peavy e compagni, che dopo così tanto tempo sono ancora tra noi in così buona forma: aspettiamoci un live show infuocato ad aprile!
Recensione a cura di Luca Franceschini

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