I The Orange Man Theory sono una band romana fulminata sulla via di damasco del postcore americano, al punto che per questo debut “Riding A Cannibal Horse From Here To...” hanno, per citare il titolo, cavalcato un cavallo cannibale fino a Clinton nel Massachussets, alla corte di Steve Austin, preso i suoi studios, per registrare il disco. Lo stesso Steve Austin è restato così impressionato dalla band che ha deciso di prestare la propria voce sulla conclusiva “007 ce fa ‘na pippa”, nobilitando con la sua presenza un disco già di per se buono.
Parliamo di un disco buono e non ottimo, non perché la band non sia stata capace di dare il meglio di se, oppure perché il disco abbia difetti evidenti, ma solo perché in fin dei conti siamo nel campo del già sentito, ergo dell’alquanto scontato, ergo ancora del nulla di trascendentale.
Infatti sebbene la band inserisca nella bio una serie di influenze che vanno dal garage punk al death metal, dallo stoner al rock ’70, è innegabile che il disco è fortemente debitore del postcore made in USA, di bands come i Today Is The Day in primis, ma anche i vari Converge, Unsane e compagnia danzante, con la differenza che i romani non possono vantare né la follia né l’intensità sonora, e nemmeno la bravura compositiva delle bands citate.
Alla band di certo però non manca l’ironia, che si evince già dai titoli delle canzoni, tra cui spiccano “Merendina Will Have His Revenge On Capeside” (Merendina è il drummer).
In definitiva un buon disco, sicuramente ottimo ed incoraggiante per una band esordiente, ma lontano ancora anni luce da certi mostri americani. “It’s a long way to the top” (cit.).
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?