Riuscirà
Simone Mularoni, dall’alto della sua ed esperienza e del suo talento, a fornire a
Geoff Tate, uno dei cantanti più valorosi e carismatici della sua generazione, il materiale sonoro necessario a risollevarsi dall’oblio artistico in cui è tristemente piombato nei tempi recenti?
E’ questa la domanda che mi assilla fin dal primo giorno in cui ho appreso della collaborazione tra i due sotto la denominazione
Sweet Oblivion e oggi che finalmente ho la possibilità di fugare questo dubbio, non vi nascondo una certa apprensione, inevitabile quando si tratta di valutare il lavoro dei propri idoli,
ahimè, dolorosamente “decaduti”.
Superando con difficoltà ogni forma “ansiogena”, diciamo subito che grazie all’illuminato supporto del
mastermind dei DGM, l’ex voce dei Queensryche ritrova il proscenio ideale per sfoggiare una carica interpretativa ancora capace di meraviglie, nonostante vengano “strategicamente” evitati funambolismi d’estensione ormai forse impraticabili.
Svincolato dall’imbarazzante “confusione” stilistica delle sue ultime prove musicali, il
vocalist tedesco-statunitense si cala con ovvia disinvoltura nel clima compositivo fortemente Queensryche-
iano ordito dal musicista e produttore italiano, ma se qualcuno dal primo parto di questa fascinosa
partnership si attendeva qualcosa di “veramente” rivoluzionario farà meglio a mettersi il cuore in pace.
Del resto (escludendo eventuali considerazioni “etiche” ...), meglio così che assecondare i vaneggiamenti “alternativi” degli Operation: Mindcrime, e poco importa se gli autori di sontuosi affreschi metallici come “
Rage for order", “
Operation mindcrime”, “
Empire” e “
Promised land” fanno spesso capolino in strutture armoniche comunque concepite e risolte con indubbio buongusto.
E’ il caso della dinamica “
True colors” e della magnetica
title-track dell’albo (non lontana dalle atmosfere dell’immortale “
Breaking the silence” …), mentre con “
Behind your eyes” si comincia a inoculare un pizzico di
prog-metal più “classico” nel coinvolgente impasto sonico.
In “
Hide away” e “
My last story” vengono esaltate le ben note capacità melodrammatiche di
Tate e “
A recess from my fate” trasmette energia e tensione emotiva al pari della pulsante “
Transition”, un frammento di puro godimento
cardio-uditivo.
Chi ha adorato (e ama tuttora …) il clima inquieto e cupo di “
Promised land”, ne ritroverà taluni barlumi in “
Disconnect” e nella splendida “
Seek the light”, e a tutti quelli che nel genere apprezzano soprattutto l’immediatezza e la potenza sembra invece dedicata “
The deceiver”, che ricorda i primissimi Queensryche mescolati con qualcosa dei Symphony X.
Alla fine, la risposta al quesito iniziale è fortunatamente affermativa, ed è proprio a
Mularoni che vanno innanzi tutto i miei sentiti ringraziamenti, per aver dimostrato che, con un po’ di aiuto, un “angelo caduto” può rialzarsi dalla polvere celebrando il suo enorme “passato” senza rimanerne prigioniero, ben conscio che il tempo non si ferma … “
Sweet oblivion” può rappresentare, dunque, l’avvio di un sodalizio intrigante, che in futuro magari condurrà anche a soluzioni espressive maggiormente “avventurose” … per ora, accontentiamoci di un disco godibile.