Mentre ascoltavo
“At The Precipice Of Oblivion” , piacevole debut album di questo sestetto finnico, mi giravano per la testa domande dall’alto valore esistenziale tra le quali la più ricorrente era “ma ha ancora davvero senso suonare symphonic black metal nel 2019?” … Sinceramente non lo so, certo è che è molto più facile provare a cavalcare l’onda del post qualche cosa per darsi arie filo evoluzioniste e progressiste , piuttosto che lanciarsi anima e cuore in sonorità musicali che non interessano poi molti … I
Blackhearted per fortuna non sembrano pensarla come la maggior parte delle band moderne e così 12 (???) anni dopo la loro formazione debuttano con un platter che, non stupirà, non riceverà critiche altisonanti, ma che in tutta la sua derivazione, spruzza onestà, attitudine e passione da ogni secondo. Quando le prime note dell’opener
“Starspawn” schizzeranno fuori dagli speaker, farete un salto indietro nel tempo fino a metà anni ’90, le tastiere ritorneranno subito ad essere le vostre migliori amiche e quello che oggi è tassativamente “atmospheric”, vi sembrerà di nuovo “symphonic” … L’album in fondo è tutto qua, un revival lungo 44’ dove anche esperimenti come l’alternanza tra clean vocals e growls (
“Eradicating The Pillar Of Creation”) vengono riproposti come fossero avanguardisti … Su tutto mettete una produzione potente e ben calibrata e avrete così un album “bombastico” e potente come da tradizione. Non vale la pena andare oltre e descrivere pezzo per pezzo, tanto chi ha vissuto quegli anni saprà bene di che si parla e probabilmente, quando ne avrà voglia sarà pronto a tirar fuori la sua chicca preferita, mentre chi non sa di cosa parliamo difficilmente potrà appassionarsi al tempo che fu passando per un derivato …
“At The Precipice Of Oblivion” è un tuffo nel passato che saprà far affiorare bei ricordi, buone atmosfere e che saprà regalarci momenti di pura passione in un mondo sempre più plastificato. Gradito deja vu
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