Abbiamo ormai sorpassato la metà di questo 2019 e, come spesso accade, ciò porta a fare le prime riflessioni sull’andamento musicale dell’anno. Personalmente credo che siamo ancora lontani dall’abbondanza qualitativa del 2018 ma che, specialmente nell’underground, le piccole etichette stiano tirando pubblicando i lavori di band solide e intriganti capaci di tenere alta l’attenzione sul mondo death metal.
Prendete, per esempio, l’americana
20 Buck Spin che nel 2019 ha già dato alle stampe o a breve farà uscire dischi di
Ossuarium (ottimo),
Noisem (discreti),
Tomb Mold (curiosità a mille) e i qui presenti
Superstition al debutto col presente “
The Anatomy Of Unholy Transformation”.
Solido death metal old school americano dall’originalità non spiccata, ma in possesso di un songwriting forte e definito in cui non è difficile scorgere le influenze stilistiche dei primissimi
Morbid Angel.
Ampio spazio è quindi dedicato alla costruzione e al susseguirsi di riff piuttosto intricati, sostenuti dall’incedere di un drumming ritmato ma non totalmente forsennato, con una decisa preferenza nell’utilizzo dei break.
“The Anatomy Of Unholy Transformation” non appartiene a quella categoria di dischi che colpiscono duro al primo ascolto, ci vuole un attimo di pazienza per poterlo apprezzare, ma canzoni quali la conclusiva “
Charnel pleasure” o “
Unreclaimed blood phantom swarm” riescono da subito a farsi notare.
Unica cosa che mi ha lasciato, se si può dire, perplesso sono le tre tracce strumentali realizzate col synth ed intitolate “
Unholy transformation” che poco aggiungono sia al minutaggio totale del cd – intorno ai trentacinque minuti - sia all’intero disco.
Decisamente un buon punto di partenza per la band del New Mexico.
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