Per quanto io ami visceralmente il death metal, è innegabile che negli ultimi anni ascoltare questo bellissimo genere sia diventato non dico difficile, ma quantomeno faticoso: complice il proliferare delle band grazie al democratico mezzo di internet, nel genere ci sono sempre più uscite e sempre nuove formazioni da ascoltare, ma ahimè ben poche superano la prova del tempo o propongono qualcosa in grado di stuzzicare la mia curiosità. Al netto di uno zoccolo duro di formazioni underground di grande spessore, siamo letteralmente sommersi da band che suonano come cloni di mostri sacri del passato o che semplicemente propongono una musica che richiama nostalgicamente alla memoria un sound o una certa scuola di riff ma che come un fuoco di paglia non lascia traccia del proprio passaggio. Fortunatamente gli americani
Cerebral Rot non fanno parte di questa categoria e fin dai primissimi ascolti di
"Odius Descent Into Decay" sono stato catturato dalla loro proposta musicale: intendiamoci, niente che stravolga le regole del gioco e che non suoni di già sentito, ma c'è una bella differenza tra proporre una manciata di brani convincenti pur rimanendo su strade già battute e giocare a fare il verso a formazioni quali
Entombed,
Dismember e compagnia cantante. Il debutto di questi ragazzi per
20 Buck Spin ci regala 45 minuti di death metal lurido e purulento che in più di un frangente riporta alla memoria i mai sufficientemente lodati
Demilich, complice il riffing cupo e malato della coppia di asce
Surveyor of Destruction/Clyle Lindstrom che però non raggiunge i picchi di schizofrenia dei finlandesi: i brani infatti suonano decisamente più lineari e diretti, come ben esemplificato dalla titletrack,
"Reeking Septic Mass" oppure dalla decadente
"Sardonic Repentance", dove accelerazioni quasi crust fanno da contraltare alle parti più lente in cui le asce dipingono riff lenti e sinistri dannatamente efficaci, mentre in fase solista emerge una predilezione per un certo parossismo e per soli lancinanti figli dei Morbid Angel più malati. A fungere da collante tra tutti gli strumenti e il growl gutturale ed a tratti in stile "lavandino otturato" che tanto scalda il cuore ci pensa una produzione azzeccatissima e che mantiene intatto il suono originale degli strumenti (batteria in primis) e ammanta di un'aura lovecraftiana l'ottimo lavoro svolto alle chitarre, senza per questo relegare a ruolo di semplice comprimario il basso.
Ad oggi, ritengo che
"Odius Descent Into Decay" meriti il riconoscimento di migliore uscita in ambito death metal in questo 2019 e che i Cerebral Rot siano una band da tenere d'occhio nel futuro prossimo venturo: che nell'underground sia nata un'altra stella?
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