Ci sono il passato, il presente e il futuro dei
Flying Colors nel nuovo
“Third Degree”.
Il passato sono quelle influenze - mai nascoste dal supergruppo americano - che vanno dai Muse (
“The Loss Inside”, “More”, “Crawl”) ai Beatles (
“Love Letter”, un concentrato di sonorità 60s). Il presente sta invece negli episodi melodici ed eleganti che hanno reso celebre il quintetto nei primi due capitoli discografici (è il caso di
“Cadence” o di
“Last Train Home”, che spicca per l’epicità e la ricerca tematica tanto care a
“Second Nature”).
Ma sono gli elementi di novità a valorizzare maggiormente
“Third Degree”. Innanzitutto si segnala una presenza determinante di
Dave LaRue, assoluto protagonista in tracce come l’ottima
“Guardian” o
“Geronimo”, che rievoca
“Fame” di David Bowie proiettandola nel nuovo millennio. Ancora più spazio se lo ritaglia anche
Casey McPherson (
“You Are Not Alone”), ed è estremamente gratificante, in più di un’occasione, riconoscere la volontà degli “ingombranti”
Mike Portnoy, Neal Morse e
Steve Morse di “fare un passo indietro” per lasciare spazio ai compagni
(onde evitare fraintendimenti, sappiate che non mancano alcune evitabili “sbrodolate” progressive nei momenti strumentali, ndr).
Un ritorno di tutto rispetto, equilibrato contro ogni aspettativa.
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