Preceduto da commenti più che positivi sul forum di Mike Portnoy e dichiarazioni come "The new era and the future of progressive metal", ecco arrivare il debut cd dei francesi
Venturia, band che prova a ritagliarsi uno spazio personale grazie alla combinazione di elementi di prog metal tecnico-sinfonico e pop dalle melodie orecchiabili, due generi uniti principalmente dall'armonia che si crea tra il cantato energico e versatile del singer americano Marc Ferreira e quello più intenso e sensibile della vocalist Lydie Robin che dà un grosso contributo all'arricchimento delle linee vocali. Il paragone con i ben più esperti A.C.T. ed il pop anni 80 (A-HA, ma anche Mr Mister) è chiaramente riscontrabile in "Take me down", così come quello con gli irlandesi Coors nella semiacustica leggera e commerciale "Walk on to the daylight", mentre "Word of silence" nella sua complessa struttura si alterna tra atmosfere orientali-meditative, heavy riffs e refrains orecchiabili su cui poggia il cantato del duo Ferreira-Robin, ma i risultati migliori arrivano con "The unholy one" (unico brano cantato solo da Ferreira e ispirato alla trilogia de "Il presagio"), dove un feeling dark atmosferico lascia il posto al potente heavy prog in cui trovano posto strati di synths e concitati quanto brevi cambi di tempo. Non manca neanche il pezzo strumentale ("Candle of hope") che racchiude il meglio del prog classicheggiante e contemporaneo tra divagazioni al pianoforte, echi di Shadow Gallery, retaggi di virtuosismi alla Jordan Rudess (il tastierista Kevin Codfert proviene dai progsters francesi Adagio ed è presente solo in veste di guest artist), guitar solos ispirati a Gary Moore e Petrucci che si alternano al lavoro di piano e tastiere, il tutto fa da preludio alla conclusiva "Dear dead bride", mini rock opera condensata in 8 minuti nei quali è bandito ogni tipo di refrain e smanceria commerciale ma sono permessi solo cambi di tempo e accelerazioni improvvise a volontà (ancora Shadow Gallery e Dream Theater), pomposità tragico-orchestrali che intervengono a spezzare le brevi dolci atmosfere, virtuosismi di ogni sorta ed un guitar solo degno del miglior Petrucci.
Disco completo e pieno di sorprese non facile da assimilare e giudicare con pochi ascolti, tecnicismo bilanciato perfettamente da uno spiccato e personale senso della melodia, è già un must imperdibile per i fans di A.C.T. e Shadow Gallery ma può fare proseliti anche nel circuito AOR.
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