Non è un mistero che molte formazioni musicali per sfuggire ad un periodo di scarsa creatività risolvano i loro problemi discografici con la realizzazione di un live album. Soluzione semplice, non troppo impegnativa e che solitamente ottiene grande successo tra i fans ( e tra gli immancabili “completisti”).
Forse non è proprio il caso dei Fu Manchu, reduci dall’ottimo “California crossing” ultima tappa del percorso di allontanamento della band dal seminale periodo fuzz/stoner per un più diretto e ruspante heavy rock stradaiolo, che inoltre ha ottenuto un grosso riscontro di vendite.
Probabilmente per Scott Hill e compagni c’era solo la necessità di tirare il fiato e l’orgoglio di mostrare al mondo che i Fu Manchu sono una delle più straordinarie live-band in circolazione, pura energia esplosiva.
Ho avuto la fortuna di vederli un paio di volte in concerto e posso garantire sulla loro capacità di trasformare ogni singolo brano in un ordigno micidiale mantenendo un tranquillo atteggiamento di massima pulizia, senza dover ricorrere a travestimenti truculenti o spettacolini grotteschi a base di denti digrignati ed occhi fuori dalle orbite.
I Californiani sono tra i pochi che riescono ancora ad incarnare il vero spirito di una esibizione sul palco senza fronzoli. Volume, energia, potenza, passione, tutto al massimo livello.
Questo album doppio li fotografa in perfetta forma, registrato durante l’ultimo tour (passato anche da Milano, se interessa c’è il resoconto del sottoscritto…) nelle date di Stoccolma e la “casalinga” Los Angeles. Un concentrato del meglio prodotto dalla band, oggi appena meno imitata degli inarrivabili Kyuss.
La scaletta è pura gioia per i fans visto che pesca un po’ da tutti i lavori, rispolverando perfino vecchi classici come “Ojo rojo”,”Superbird” e “Tilt”, ma la parte del leone la fanno ovviamente gli albums del nuovo corso e sfido chiunque a non slogarsi il capoccione all’impatto di roba assatanata come “Over the edge”,”King of the road”,”Boogie van”,”Moongoose”, pescando a caso tra la stratosferica qualità delle canzoni.
Ma i Fu Manchu, tra i quali è ricomparso Scott Reeder, non hanno del tutto rinnegato le venature acide caratteristiche della fase iniziale della loro carriera, quindi ci possiamo gustare la fantastica psych-cover di “Godzilla”, ormai quasi più popolare nella loro versione che nell’originale Blue Oyster Cult, e restare attoniti e storditi di fronte al viaggio conclusivo di “Saturn III”, otto minuti da sogno nei quali si conferma il talento di Bob Balch, che non sarà geniale come Eddie Glass ma è riuscito nella difficile impresa di non farlo rimpiangere. Una conclusione degna di un grande album.
Siccome le uscite live non abbondano in questo settore (ad esempio Kyuss e Monster Magnet non ne hanno mai realizzate..) “Go for it..live” si presenta come acquisto obbligatorio per gli appassionati. Una sorta di “Made in Japan” della sezione stoner (massì, chiamiamolo ancora così..). Per i non-adepti del verbo alternativo resta in ogni caso un eccellente disco live, materiale che scotta da prendere senza riserve.
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