Settimo album in carriera per questi doomsters inglesi, un disco veramente profondo, doloroso e intenso.
I nostri, nativi di Birmingham, città natale dei
Black Sabbath, possono dirsi i pronipoti dei quattro profeti del proto metal.
Questo è un doom che ti prende le viscere e te le annoda emotivamente, grazie ad un sapiente lavoro globale dell’intera formazione.
Basta prendere il primo brano “D
escent”, della durata di quasi ventotto minuti, in epoche lontane avrebbe occupato un’intera facciata di un vinile.
Eppure è di una straordinaria, dolorosa bellezza; canto lento, vibrante growl profondo e sofferto, ma una rabbia sofferta e mai doma all’esistenza.
Le chitarre seguono le ritmiche lente ed elefantiache cesellando riff drammatici, lunghi e corposi, in mezzo effetti vari, scorci acustici e un solo venato di progressive floydiano.
“
Antim Yatra”, è puro effetto straniante, questo grazie alle tastiere che donano un senso di perdizione e disorientamento; un vortice strumentale che ti prende e ti porta in un gorgo spaziotemporale.
Altra pietra di paragone per definire questo disco è il penultimo brano “
Culmination”; le tastiere con le chitarre arpeggiate donano una patina prog alla miscela funerea e drammatica che travolge il tutto con riffing pesanti ed effetti.
Il growl del singer è un latrato furioso e doloroso nell’insieme; all’interno ecco una cavalcata doom con un solo melodico e virtuoso che serra le fila, la sensazione di fuga dall’esistenza terrena è presente con riff scuri delle chitarre e il tappeto di synth riverberato nel finale catartico.
Un capolavoro, un vero capolavoro doom metal, la band ha inciso un album di profonda e dolorosa emotività, già dal titolo si riflette l’animo umbratile del combo britannico, da avere!
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