Devo ammetterlo, questi
Ironthorn sono stati davvero una graditissima scoperta! Nati nel 2014 nella provincia di Agrigento, provenienti pertanto da un underground musicale in cui è particolarmente difficile imporsi (per non dire proibitivo, specialmente se suoni un certo tipo di musica) ma da cui, nonostante tutto, in passato sono comunque emerse formazioni importanti del calibro di Ancestral, Orion Riders, Metatrone e soprattutto i gloriosi Thy Majestie (da me simpaticamente soprannominati “I Rhapsody della Trinacria”), insomma una terra, la Sicilia, nella quale musicalmente è difficilmente affermarsi, ma in cui allo stesso tempo, si trovano realtà validissime ed affamate, talmente desiderose di diffondere la propria musica, che alla fine spesso e volentieri ci riescono (e anche bene).
Legends Of The Ancient Rock è il titolo del secondo bellissimo album del combo agrigentino, ed è una vera e propria sferzata di energia pura che emana passione e sudore dall’inizio alla fine, in esso si possono trovare tutte le connotazioni tipiche di un sound che è un perfetto connubio tra hard rock e heavy metal e che strizza vistosamente l’occhio al US power (quindi con un pizzico di thrash), il tutto però inserito all’interno di una visione musicale tremendamente attuale, che cattura immediatamente l’attenzione dell’ascoltatore sin dalle tracce iniziali
Legends (vero e proprio tributo alle leggende del rock e del metal, come si vede nel simpaticissimo lyric video che proponiamo di seguito) e
Werewolf. Probabilmente l’apice del disco è rappresentato da
The Seed Of Fire, un brano davvero intenso che, mentre scorre, penetra inevitabilmente nelle vene e nell'anima dell’ascoltatore, grazie anche alla presenza, dietro il microfono, di un ospite d’eccezione, ovvero il grandissimo e storico singer dei Labyrinth
Roberto Tiranti, che conferisce al pezzo un’espressività unica, duettando con l’altrettanto bravissimo
Luigi Pullara. L’intensità emotiva è il punto di forza anche della struggente ballad
My Cure in cui le chitarre di
Maurizio Liberto e
Gabriele Misuraca sono le assolute protagoniste, ed una citazione particolare merita anche la successiva
Phoenix che parte con un tipico motivetto folkloristico siculo per poi tramutarsi nel classico pezzo heavy-thrash che, tramite abbondanti riffs particolarmente aggressivi, travolge tutto ciò che incontra lungo il proprio cammino. E cosi, dopo la altrettanto graffiante
Ladro del Tempo (cantata interamente in italiano), giungiamo ormai verso la conclusione di un disco che ha già inevitabilmente conquistato anche l’ascoltatore più scettico. Arriva dunque il momento del trittico affidato a
Trick Or Treat (con le sue chiarissime influenze blues, ma sempre all’interno di un sound moderno),
The Call Of Silence (retta da una solidissima sezione ritmica affidata al basso di
Eliseo Bonacasa e alla batteria di
Antony La Marca) e la gemma strumentale conclusiva (che, in alcuni tratti, per la sua struttura, sembra richiamare vagamente The Call Of Ktulu dei Metallica che furono) intitolata
The Ancient Rock, con le sue tinte oscure ed inquietanti.
Ciò che rimane alla fine del disco non è solamente l’impressione di aver ascoltato un lavoro ben suonato, fresco ed ispirato, come più volte detto, ma ci si sente anche rinvigoriti e rinfrancati dal fatto che oggi una band giovane possa ancora fare della bella musica, all'interno di un panorama spesso saturo, che pullula di tanti nomi e troppe meteore, a scapito della qualità del prodotto finito, in questo senso gli
Ironthorn hanno messo subito le coso in chiaro: loro NON appartengono al piattume che domina gran parte dell'odierna scena musicale!
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