Impossibile non elogiare la sempre attenta MTM per la graditissima ristampa di un capolavoro che all'epoca della sua uscita non fu adeguatamente compreso (anche a causa di problemi di distribuzione veri e propri) e che invece merita di fare bella sfoggia di sé nella collezione di dischi di tutti quelli che amano l'hard rock americano di classe.
Paul Sabu, figlio di un attore hollywoodiano degli anni quaranta/cinquanta specializzato in ruoli da "indigeno", è la vera quintessenza del cult-hero, prima di tutto come cantante, chitarrista, compositore, produttore ed arrangiatore e poi come talent scout d'assoluta eccellenza (un nome per tutti i grandissimi Silent Rage).
La sua penna illuminata e le sue capacità tecniche si sono spesso concesse nelle più disparate situazioni musicali, dal pop al rock, e se analizziamo l'elenco infinito delle sue collaborazioni (Alice Cooper, Lee Aaron, Heart, Madonna, David Bowie, John Waite, Wasp, Malice, Shania Twain e moltissimi altri, senza dimenticare il contributo a svariate colonne sonore cinematografiche o di serial televisivi), appare piuttosto chiaro quanto sia significativa la sua arte ed elevata la stima di cui gode nell'ambiente.
Già con l'esordio su MCA del 1980, intitolato semplicemente "Sabu" (da non confondere con l'omonimo disco su etichetta Ocean, del medesimo anno, ma contenente disco-music!), il nostro "Jungle boy" (nomignolo acquisito in onore del padre e che andrà a costituire la denominazione delle sue personali edizioni musicali, le "Jungle Boy Music" appunto, il cui marchio appare nei lavori in cui il rocker californiano ha offerto il proprio contributo), aveva dato prova imponente del suo talento, ribadito nel 1984 con il progetto maggiormente radiofonico Kidd Glove, ma è con questo lavoro del 1985, che l'hard tastieristico screziato di blues, ma capace anche di suggestive ambientazioni "adulte", si consolida al meglio, sotto l'egemonia incontrastata dell'incredibile laringe di Paul, che potremmo definire, per fornire un qualche riferimento a chi non ha mai avuto l'occasione di gustarne le affascinanti tonalità, come una "gloriosa" fusione tra l'intensità di David Coverdale e la carica di Sammy Hagar ... un vero godimento per i timpani.
La bellezza sfavillante di "Angeline", gli scatti e il dinamismo di "Shake, rattle, roll" e "Hot flesh", assieme alla contagiosa title-track, alla frizzante andatura di "Tuff stuff" e alla straripante "New girl in town", fanno da contraltare al respiro sofisticato dell'appassionata "Call of the wild", di "Just for the moment", della brillante "Still alive" e di "Breakin' out", con la sua superba ricchezza melodica, e rappresentano collettivamente un piccolo glossario di hard rock "chic-coso", tra Whitesnake (anticipando, in alcune situazioni, la loro svolta sonora più adatta al mercato "yankee"), un pizzico di Deep Purple e qualche reminiscenza dell'AOR più virile.
Le tre bonus non aggiungono molto al valore intrinseco del disco: "Cassie" e "Shake it out" sono esempi di FM-rock "sintetico" anni '80, piuttosto innocuo e lontano dalle virtù delle composizioni del "programma originale", mentre andiamo decisamente meglio con "Street angel" (ripescata dal repertorio dei Kidd Glove), un brano dal refrain parecchio trascinante.
"Heartbreak" è dunque un'eccellente showcase delle favolose qualità di Paul Sabu (le quali troveremo replicate anche sotto il vessillo Only Child), un insigne e geniale esponente di quella ristretta "nobiltà" musicale provvista di una "completezza" artistica davvero rara, che speriamo di poter ritrovare a questi livelli d'eccellenza anche in un futuro nuovo capitolo della sua produzione discografica "in prima persona".
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