Sono stati una scoperta interessante questi Ashram, italianissimi ma messi sotto contratto da una label di Lisbona, per la quale realizzano ora “Shining silver keys”, il loro secondo lavoro.
Una band assolutamente fuori da ogni schema, un trio che non fa alcun uso di chitarre (solo qualche nota di acustica qua e là), basso e batteria, ma che costruisce i suoi brani sui morbidi intrecci di pianoforte e violino, sui quali si staglia (talvolta) una voce soffusa e mai troppo in primo piano, quasi a sembrare un terzo strumento musicale.
Difficile e probabilmente riduttivo sarebbe buttarsi alla ricerca di riferimenti precisi: musica classica, Pink Floyd, Anathema (quelli di “Eternity” soprattutto), Tiamat, Ayreon, Uli John Roth… sono associazioni mentali e basta, l’importante è concentrarsi sugli Ashram e la loro musica, sulle rare sensazioni che riescono ad evocare, sulle eteree melodie in sospeso tra il romantico e il sognante, raramente tristi, il più delle volte pervase da un’aurea di positività che non può che far piacere in un’epoca in cui tutti giocano a fare i depressi e gli incazzosi…
Un bel lavoro, anche se non esente da pecche: composizioni eccessivamente simili l’una all’altra, pezzi cantati poco immediati e difficilmente digeribili (ad eccezione forse di “Last kiss”), e una voce, quella di Sergio Panarella, che avrebbe potuto essere più convinta, più sentita, mentre il più delle volte sembra rimanere ai margini timorosa…
Sono pareri personali ovviamente, in generale questi Ashram ci sanno fare e potrebbero regalare momenti piacevoli a tutti quanti abbiano voglia di staccarsi dai soliti cliché.
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