Un urlo di sofferenza e dolore, di psicosi ed alienazione, questo debutto su lunga distanza dei cesenati
Lambs. Suoni aspri, marci, malati, che odorano di follia e disperazione, di degrado industriale, di decomposizione ed isterica ricerca di una ragione di esistere. Malessere profondo e stravolgente che si manifesta in un sound malmostoso, scorbutico, ferino e mutevole come gli stati depressivi. Non facile seguire le torbide evoluzioni dei cinque brani, entro i quali incontriamo passaggi di sludge melmoso, rovinose accelerazioni crust/hardcore, passaggi post-metal ipnotici alla Isis, aperture rarefatte e lunghe introduzioni minimaliste. C'è davvero di tutto in questi trenta minuti di musica, una materia così compressa da risultare talvolta tanto viscerale quanto confusionaria. Prendiamo ad esempio un pezzo come "
Misfortune", dove dopo una bella introduzione quasi psichedelica si scatena un'orgia caotica di urla e distorsioni capace di abbattere la resistenza anche dei cultori più oltranzisti dell'heavy estremo. In altri casi, vedi "
Debug", la lunga prefazione atmosferica ed elettronica sembra quasi dissociata dal resto del brano, che esplode dopo quattro minuti in tutta la sua brutalità post-core distorta e disumana.
Comunque, quando la band decide di pestare in maniera concisa e furibonda, vengono fuori episodi di puro delirio suburbano come "
Arpia" o "
Perfidia", quest'ultima con testo in italiano, che rappresentano ottimi esempi di moderno extreme-metal dall'impatto devastante e disturbante oltre ogni limite. La canzone forse più completa risulta "Ruins", dove atmosfere apocalittiche alla Neurosis si fondono con assalti annichilenti di metal-core al vetriolo.
Un buon disco per gli amanti degli stili più violenti ed intimidatori. Ci sono ancora alcuni dettagli da focalizzare meglio, ma il risultato è certamente interessante ed encomiabile.
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