Copertina 6,5

Info

Demo
Anno di uscita:2018
Durata:18 min.

Tracklist

  1. I DON’T GIVE A FUCK
  2. 99 LIONS IN A CAGE
  3. DYSFUNCTIONAL SOULS
  4. RANT

Line up

  • Vyper: vocals, bass
  • Steve Grind: guitars, vocals
  • Leo: drums, vocals

Voto medio utenti

Come dice un vecchio adagio: non tutti i mali vengono per nuocere. È quello che devono aver pensato i BS Bone, giovanissimo gruppo di Sant’Elia a Pianisi, un piccolo e ameno paesino dell’entroterra molisano, in provincia di Campobasso. La vita lì non offre molte alternative, e quindi cosa c’è di meglio che rinchiudersi in garage e suonare fino a produrre una demo di pezzi propri? Ed è proprio quello che anno fatto Viper, Steve Grind e Leo, ed il risultato è questo CD di quattro pezzi intitolato “Inside insanity”.

Il filo conduttore dei quattro brani è la pazzia, analizzata da tutte le sue angolazioni: la rabbia, l’alienazione, la monotonia della vita quotidiana. Musicalmente, invece, le cose sono un po’ differenti, perché uno dei piccoli nei di questa demo è proprio quello di mostrarci una band che ancora non ha ben chiara la direzione musicale da seguire. Si spazia abbastanza durante l’ascolto dei quattro brani, forse un po’ troppo, e se vogliamo identificare il grosso del lavoro come hard ‘n’ roll, la divagazioni stoner, alternative e perfino punk rendono il tutto interessante da un lato, leggermente fuorviante dall’altro. Ma calcolando che stiamo parlando della demo di esordio di un gruppo formatosi da un solo anno, direi che si tratta di un peccato assolutamente veniale.

La cosa che invece mi è piaciuta è l’attitudine del trio, si sente che i brani sono viscerali, sono diretti e badano poco ai fronzoli inutili. Steve Grind è solido sia in fase ritmica che solista (pochi assoli ma di estremo gusto), e Leo non è da meno, visto che pesta come un dannato dietro i tamburi, anche se quello che mi ha colpito più di tutti è Viper, davvero fantasioso al basso, e lo dimostra non solo durante l’assolo presente in “Dysfunctional souls”, ma grazie alle mille variazioni che inserisce in ogni brano. Nota dolente, invece, la sua voce, troppo stridula e sempre al limite del range, il che alla lunga stufa un po’ e inficia il risultato finale.

Tocca a “I don’t give a fuck” aprire le danze, e sinceramente mi sono chiesto come mai la scelta di metterla addirittura come prima traccia, visto che tutto sommato è la più debole delle quattro, con riff e ritornello ripetuti davvero troppo a lungo. Decisamente più convincente la successiva “99 lions in a cage”, un hard ‘n’ roll bello spedito con un ottimo break centrale, dove continua ad infastidire la voce, troppo esile per un sound roccioso come vuole essere quello dei BS Bone, mentre ho apprezzato molto, non solo in questo brano, l’uso dei cori che fa il trio. Si va avanti ancora meglio con la già citata “Dysfunctional souls”, forse la più diretta del lotto. Come detto in apertura a volte salta fuori, come in questo caso, un approccio quasi punk, che rende il tutto molto più verace, sia in fase di riffing che nei cori. Chiude la demo “Rant”, con un wah-wah che sa molto di stoner, anche se poi la voce alla Billy Corgan torna a rovinare il tutto. Peccato, perché il brano merita, è bello corposo e vario, e presenta ancora una volta un ottimo lavoro di basso ad opera di Viper. Bella la parte finale, molto psichedelica. Sant’Elia a Pianisi nuova Palm Desert?

In definitiva, le basi per poter produrre qualcosa di buono ci sono sicuramente tutte, i ragazzi hanno fantasia, e si sente, devono però soltanto focalizzare la via da seguire, canalizzare ed amalgamare meglio le influenze, e soprattutto trovarsi un singer vero. Capisco la voglia di portare avanti la formazione power trio, ma davvero la voce è un anello troppo debole rispetto all’ottima prova strumentale. Ultima menzione per la produzione, un po’ troppo asciutta, in futuro investendo di più andrebbe curato meglio anche questo dettaglio, ma torno a ripetere, è una demo di esordio, quindi direi che non è così grave. Tenendo conto di queste ultime cose dette, un mezzo voto in più ci sarebbe stato tutto quanto…
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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