Copertina 8

Info

Anno di uscita:2020
Durata:59 min.
Etichetta:Steamhammer / SPV

Tracklist

  1. WHERE ARE YOU EDEN?
  2. YOU CAN’T RUN FASTER THAN BULLETS
  3. MADMAN OR MESSIAH
  4. THE ARCHWAY OF TEARS
  5. NOT FORGIVEN
  6. THE SERPENT RINGS
  7. HOUSE OF KINGS
  8. THE GREAT UNKNOWN
  9. MAN
  10. THE LAST ONE ON EARTH
  11. CRIMSON ON THE WHITE SAND

Line up

  • Tony Clarkin: guitar
  • Bob Catley: vocals
  • Rick Benton: keyboards
  • Dennis Ward: bass
  • Lee Morris: drums

Voto medio utenti

Il principale “problema” dei Magnum non è di certo mai stato di tipo qualitativo.
Scorrendo l’imponente discografia dei nostri si potrà trovare qualche piccola fisiologica flessione, ma il livello artistico si è sempre attestato attorno a valori talmente elevati da risultare proibitivi per molti loro colleghi, alcuni dei quali anche oltremodo celebrati.
E allora perché pur rappresentando un’istituzione del pomp-hard-rock britannico, si finisce spesso (almeno qui da noi …) per trascurarli quando si devono citare le autorità del settore?
Forse i motivi vanno ricercati nella loro coerenza espressiva, incurante della continua nascita di nuovi trend (anche il tentativo di rendere maggiormente “ruffiana” e “adulta” la loro proposta musicale si è integrato piuttosto bene nell’inconfondibile identità artistica della band), o nella “austerità”, priva di schiamazzi, con cui da oltre quarant’anni diffondono ispirazione, emozione e immaginazione sonora.
The serpent rings” è l’ennesima testimonianza di come la creatività compositiva e la sensibilità esecutiva di Tony Clarkin appaiano “miracolosamente” inesauribili e di come i polmoni di Bob Catley garantiscano ancora una volta estensione interpretativa e suggestione emotiva, confermando il suo proprietario tra le figure vocali dominanti del genere.
Il resto lo fanno li sussulti ritmici di Lee Morris e della new entry Dennis Ward (Pink Cream 69, Place Vendome, Unisonic, …) e la costante applicazione delle tastiere di Rick Benton, abilissimo nel “gonfiare” di fascinoso sfarzo altri undici frammenti di magia in note, da aggiungere al sontuoso e voluminoso songbook del gruppo.
L’albo è solenne e impetuoso, unisce intensità e romanticismo barocco senza apparire schiavo del passato, mentre a quelli che eventualmente potessero considerare “datata” o eccessivamente prevedibile questa formula musicale posso solo dire che di fronte al fervore di certe sensazioni anche il “tempo” e la mancanza di autentiche “sorprese” diventano fattori sostanzialmente accessori.
Dall’apertura incalzante e sinfonica di “Where are you Eden?”, fino alla magnetica grandeur dell’epilogo “Crimson on the white sand”, il programma produce continue scariche endorfiniche, alimentate dalle dense pulsazioni di “You can’t run raster than bullets”, dal groove trionfale e vaporoso di “Madman or messiah” e dalle atmosfere maestose ed evocative di “The archway of tears”, della title-track e di “House of kings”.
Anche quando i suoni si fanno leggermente più diretti e pragmatici, come accade in “Not forgiven”, soffusi e sognanti, come in “The great unknown” e “The last one on Earth”, o pugnaci, come in “Man”, la tensione espressiva non accenna a diminuire, a completamento di un’opera che non potrà essere trascurata da chi si professa un cultore della melodia vibrante e magniloquente.
The serpent rings” è, dunque, un concentrato di talento, classe, vitalità ed esperienza in grado di sostenere impegnativi confronti con la blasonata “storia” dei Magnum e legittimare per loro importanti ambizioni anche nel convulso e distratto rockrama contemporaneo … il momento di andare in pensione è ancora molto lontano e per una volta non c’entrano sistemi previdenziali al collasso o promesse elettorali puntualmente disattese.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 27 gen 2020 alle 11:42

I Magnum, come da sempre ci hanno abituati, sfornano un lavoro con una confezione d'eccellenza e suonato con una classe che i più possono solo sognare, ma...Si, a mio avviso c'è un grosso MA. Infatti, se da una parte ascoltando questo The Serpent Ring veniamo come sempre trascinati nel loro mondo, fatto di epica e sognante maestosità, da un altro lato non si non può non avere la sensazione che dopo Escape From The Shadow Garden, i Magnum stiano continuando a riciclare le stesse canzoni all' infinito. Sempre belle ed evocative, per carità, ma alla lunga anche i piatti migliori stancano.

Inserito il 19 gen 2020 alle 01:37

Prossimo disco da avere.

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