Dopo averci portato a (ri)scoprire la vita di Leonardo Da Vinci (su
Codex Atlanticus) e di Riccardo I d'Inghilterra (su
Lionheart), gli austriaci
Serenity giocano finalmente in casa e decidono di celebrare la figura di Massimiliano I d'Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero.
Questa scelta non è stata affatto casuale. Infatti nel 2019 è stato celebrato il cinquecentesimo anniversario della sua morte e inoltre il mastermind della band, il cantante (e professore universitario di storia)
Georg Neuhauser è sempre stato affascinato da quest'uomo.
Con
The Last Knight, i
Serenity arrivati al settimo album, e forti di un grande supporto della sempre più potente
Napalm Records, hanno puntato a fare le cose in grande, affidandosi per la prima volta nella loro carriera al produttore più famoso per il power metal sinfonico, Sascha Paeth. Le conseguenze (non che i dischi passati avessero un brutto suono, anzi...) sono una super produzione, un suono bombastico che nulla ha da invidiare ai mostri sacri del genere, e le comparse come ospiti di grandi cantanti che orbitano nel giro degli
Avantasia, ovvero
Oliver Hartmann e
Herbie Langhans. Inoltre per la prima volta dopo molti anni, la band tirolese decide di non avvalersi di nessuna cantante donna, concentrandosi su quelle maschili.
Dal punto di vista strettamente musicale non si osservano grandi cambiamenti rispetto al passato, ci troviamo di fronte ad un gruppo dalla classe e dall'eleganza immensa, che tiene alto il nome di un genere i cui i capostipiti (chi ha detto Kamelot...) ormai faticano a fornire del materiale fresco e interessante.
Il disco si apre con la classica magniloquente intro sinfonica,
The Last Knight, traccia che da il nome al disco, per poi sfociare nella veloce e potente opener
Invictus, classico pezzo Power Metal caratterizzato da ottime linee di chitarra di
Christian Hermsdörfer e da una prestazione vocale da brivido di Georg Neuhauser, che qui, come per tutto l'arco del disco si conferma nel gotha dei cantanti del genere. Il pezzo dotato di un refrain riuscito e avvincente riscontrerà un grande successo anche dal vivo.
Si prosegue con il primo dei tre singoli estratti,
Set the World on Fire, pezzo che tratta del desiderio di Massimiliano I di distaccarsi dalla tranquillità del padre Federico III e di mettere a ferro e fuoco il mondo, e che vede la collaborazione in veste di songwriter tra il cantante tirolese e
Marco Pastorino dei nostri
Temperance. Ci troviamo di fronte a un pezzo dalla struttura abbastanza classica, un po' di maniera, che vede la partecipazione di
Herbie Langhans. Il pezzo dotato di una buona carica, non spicca all'interno del disco pur mantenendo un livello alto.
Ben altra musica è il pezzo successivo, a mio modo di vedere uno dei migliori del disco,
Keeper of the Knights, una cavalcata Power Metal tiratissima e dotata di uno dei migliori ritornelli che abbia ascoltato negli ultimi tempi.
I ritmi si abbassano, ma la qualità si alza ulteriormente con la successiva, e secondo singolo estratto,
Souls and Sins, pezzo dalla classe enorme, degna erede di quel capolavoro che era
Coldness Kills da
Fallen Sanctuary del 2008. Questo pezzo dimostra come i Serenity diano il meglio di loro quando si trovano alle prese con i mid-tempo. Da sottolineare come questa canzone, proposta anche in versione acustica come bonus track alla fine del disco, acquisti ancora maggior pathos e bellezza con
Oliver Hartmann, nelle vesti dell'anziano Massimiliano I a duettare con Georg, che in questo caso rappresenta la controparte giovane dell'Imperatore.
Il terzo singolo del disco,
My Kingdom Comes, è un pezzo veloce e aggressivo, che vede la partecipazione alla voce di
Christian Hermsdörfer che arricchisce un pezzo un po' troppo standard e debitore degli ultimi
Kamelot con un ottimo e potente scream che aggiunge un po' di varietà all'opera.
Il disco prosegue mantenendo alto i livello tra pezzi tipicamente
Serenity, come
Queen of Avalon, che parla dell'ammirazione e devozione dell'imperatore Massimiliano I per Re Artù, o la bella ballata
My Farewell, dedicata alla sua prima moglie, morta giovane per una caduta da cavallo.
In chiusura c'è ancora tempo per uno dei picchi più alti del disco,
Call to Arms, che inizia con un pianoforte soffuso su cui si distende la voce calda di Georg, per poi sfogarsi in un gran pezzo di Symphonic Metal dotato di un chorus avvincente e ottime chitarre, che rappresenta la perfetta chiusura di un disco assolutamente positivo.
I Serenity si confermano quindi assoluti maestri del Power Metal Sinfonico e mantengono l'asticella altissima, confermando quanto di buono fatto in passato, migliorando passo dopo passo.