Nome del gruppo, l'immagine di copertina e lo stesso titolo dell'album potevano far pensare di trovarsi di fronte a un'espressione del più classico Power Metal a sfondo Sword & Sorcery, invece l'esordio discografico degli statunitensi
Dragonlore ha tutt'altro background musicale e lirico. Infatti, "
Lucifer’s Descent" tocca svariate tematiche (si passa da Harry Houdini alla caduta di Lucifero dal Paradiso) e soprattutto poggia le propria fondamenta su di un Power & Speed made in U.S.A., con l'aggiunta di quella spruzzata di Thrash Metal che mi ha fatto pensare agli Helstar. Il tutto caratterizzato, nel bene e nel male, dall'approccio vocale di
Joe Lawson, che scopriamo variare in lungo e in largo alternandosi tra passaggi che riecheggiano John Cyriis, King Diamond e, appunto, James Rivera. O almeno ci prova, visto che il frontman dei
Dragonlore quanto più sale di tono tanto più palesa tentennamenti e difficoltà, già a partire dalla titletrack e poi ben evidenziato da "
Blood of The Barbarian" o da una "
Saved by Love" influenzata dagli Iced Earth.
Ma non mi sembra giusto puntare il dito sul solo
Lawson, l'apporto del resto del gruppo ai chorus è rovinoso e anche il songwrting e gli arrangiamenti lasciano spazio a parecchi appunti, composizione ancora acerbe, un po' confuse e forse frettolose (come per l'ambiziosa "
Tomb of Alalu"), e lo stesso si può dire per la prova della coppia di chitarristi,
Skip Stinski e
Jim Brucks, che non riesce mai a lasciare il segno, nemmeno quando, come nel caso della cangiante "
Hand of the Gypsy", ha maggiori spazi di manovra. A chiudere il cerchio, una bacchettata sulle dita spetterebbe anche a chi ne ha curato la resa sonora, che non aiuta sicuramente i
Dragonlore, penalizzati anche da un sound piatto e zanzaroso.
Sulla ruvida e darkeggiante "
Witchunt" ecco, nel caleidoscopio vocale dei
Dragonlore, fare capolino pure un Chris Boltendhal che si unisce a jammare con tutti gli altri cantanti succitati, ad ogni modo questo brano resta uno dei momenti migliori del disco, direi assieme all'epicheggiante "
Destroyer of thee Undead".
Poco da salvare però, se non la buona volontà messa in campo da questi cinque musicisti, che dovranno darsi da fare, e non poco, per riscattarsi in occasione della loro prossima prova discografica.
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