Last Frontier - Aether (Equivalent Exchange)

Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2019
Durata:54 min.
Etichetta:Revalve Records

Tracklist

  1. TOWARD THE LAST FRONTIER
  2. CULTS OF CARGO
  3. FIELDS OF THETIS
  4. FLAMES OF MOLOCH
  5. WINGS OF STONE
  6. THE WILLOW
  7. THE RIVER
  8. THE BRIER
  9. SHAHAR

Line up

  • Nitrokill: guitar
  • The Underdog: bass
  • Cyrion Faith: keyboards
  • Silent Kaos: drums
  • Marco Cantoni: vocals

Voto medio utenti

Terzo album in studio per i napoletani Last Frontier che, con questo Aether (Equivalent Exchange), tentano un sensibile balzo qualitativo in avanti rispetto ai due precedenti lavori, peraltro riuscendoci parzialmente.
Iniziamo subito parlando delle cose che funzionano: anzitutto il disco è agevolato da una migliore produzione rispetto al passato, molto meno compressa, ne beneficia il suono che risulta indubbiamente molto più pulito, c’è poi da segnalare la presenza di un nuovo singer (Marco Cantoni) che si rivela sin dall’iniziale Cults Of Cargo molto adatto allo stile della band, inoltre le composizioni melodiche, sempre tirate, risultano molto più lineari che nei precedenti lavori in cui invece, spesso e volentieri, avevano dato l’impressione di essere eccessivamente complesse, a tratti confusionarie, figlie forse, come si suol dire, della troppa carne al fuoco messa dalla formazione partenopea e dell’eccessiva smania di voler a tutti costi stupire.
Aether invece è un lavoro molto più diretto e paradossalmente, proprio per questo colpisce, e funziona molto meglio. Le tastiere ad esempio, sempre ben curate da parte di Cyrion Faith, disegnano delle melodie che, per quanto semplici, si rivelano inquietanti, a tratti drammatiche, e tengono sempre alta la tensione dell’ascoltatore, vedasi brani come Flames Of Moloch, Wings Of Stone o The Brier, in cui è altresi presente una rocciosa sezione ritmica, segnata per lo più da tempi dispari da parte del drummer Silent Kaos.
Talvolta, le chitarre di Nitrokill si muovono in maniera camaleontica all’interno delle oscure atmosfere create dalle tastiere, tessendo delle trame musicali in costante evoluzione, seguendo una logica che riconduce indubbiamente al tradizionale heavy metal, ma che spesso e volentieri sfocia nel progressive, come accade in Fields Of Thetis, in The Willow o nell’affascinante The River dai fortissimi tratti dreamtheateriani ma, al tempo stesso, assolutamente maideniana, in particolare nel refrain.
Insomma, proprio quando il disco sembra convincere, arriva la nota dolente: quella stessa linearità di cui si parlava precedentemente in toni assolutamente positivi e ritenuta il vero e proprio punto di forza dell’album, costituisce, per assurdo, anche il suo stesso limite, soprattutto in quei brani dalla durata maggiore, come la conclusiva Shahar, che supera i 12 minuti e che, alla lunga, risulta troppo ripetitiva nelle soluzioni melodiche che si rivelano a loro volta, eccessivamente monotematiche, e non presentano particolari evoluzioni stilistiche.
Forse, ciò che ancora manca ai Last Frontier per fare il definitivo salto di qualità è trovare un perfetto bilanciamento, difficile da raggiungere, sia chiaro, tra elementi apparentemente agli antipodi come spontaneità e complessità, fare in modo che la regolarità del proprio sound si sposi armonicamente con delle scelte stilistiche più eterogenee e cangianti, finalizzate ad un maggiore coinvolgimento dell’ascoltatore, scongiurando quindi il rischio di tediarlo, nel caso in cui, al termine dell'album, decidesse di ascoltare una seconda volta il disco che, anche cosi com’è, se preso a piccole dosi senza abusarne, risulta comunque godibile.

Recensione a cura di Ettore Familiari

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