In questa recensione non vi parlerò del nuovo album (il quarto) degli americani
Trellis, perché non è altro che un guazzabuglio sonoro senza né capo né coda, con un cantante stonato ed una produzione meno che dignitosa. E' praticamente un demo, distribuito in giro per il mondo.
Ma non vi parlerò di questo dischetto di musica scarsa e suonata male, no. Vi parlerò del PERCHE' una roba del genere riesca a fare il giro del mondo e arrivi sul nostro tavolo, come su quelli di mezzo mondo. Ed il motivo è che Internet è un mostro bicefalo, che può essere uno strumento formidabile di comunicazione, informazione, cultura, oppure, viceversa, un megafono sempre aperto ad amplificare le baggianate di chiunque, dando allo stesso velleità di serietà solo perché veicolate online.
Sia chiaro, non ho niente di niente contro i Trellis, che sicuramente credono in quello che fanno, e tanto di cappello; ma siamo arrivati davvero al punto in cui chiunque, senza il barlume di un briciolo di talento, può spacciarsi per musicista, comporre un album a casa propria, e poi, magari perché ha due soldi da parte, distribuirlo su tutte le piattaforme streaming, sentendosi un Artista per questo. Ed è questo, che più mi spaventa, di questa nuova generazione.
Un album è studio, passione, fatica, sudore, fede, incrollabile fede, pazienza e convinzione, più un pizzico di culo che non guasta mai, e non un microfono aperto a pagamento su chiunque sia convinto di avere qualcosa da dire. Non ci siamo.
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