Abbiamo già riferito in più di un’occasione dell’importanza del
Frontiers Rock Festival nell’economia generale degli spettacoli “dal vivo” in Italia, auspicando il pronto ritorno di uno degli eventi in grado di contribuire fattivamente alla credibilità internazionale del nostro
Belpaese sotto il profilo musicale.
Ribadendo ancora una volta tale concetto, senza trascurare il suo impatto a livello di pregevoli produzioni discografiche, concentriamoci sui protagonisti di questo “
Life live” catturati durante l’edizione 2019 della
kermesse meneghina.
Ritengo gli
Hardline un gruppo non sempre adeguatamente considerato per il suo reale valore ... visti ai tempi dei loro esordi con un certo “sospetto” dagli “orfani” dei Bad English (da cui provenivano in quel momento
Neal Schon e
Deen Castronovo), e avvolti da un vago alone di “nepotismo” (i fratelli
Gioeli erano “cognati” di
Schon), i nostri hanno in realtà saputo tenere alta la bandiera del
class rock yankee in un periodo non particolarmente fortunato per quei suoni.
Il debutto “
Double eclipse” del 1992 è ancora oggi da valutare un gioiellino del genere, e anche dopo il
restyling made in Italy della
line-up, la
band ha continuato a proporre in maniera regolare ottima musica, consacrando quella di
Johnny Gioeli come una delle ugole più comunicative e duttili del settore.
L’esibizione in oggetto, incentrata in particolare sui brani del primo
album, testimonia quanto la “nostalgia” sia radicata in una comunità melodica che fa un po’ fatica ad accogliere il “presente” dei suoi beniamini, qui ottimamente rappresentato dalla brillantezza espressiva di “
Where will we go from here”, “
Take you home” (da vera “pelle d’oca” il duetto con
Alessandro Del Vecchio), “
Fever dreams”, “
Page of your life” e “
Place to call home”, tutto materiale sonoro di pregevole caratura.
Del resto, però, è impossibile non provare un “brivido” supplementare per “
Life’s a bitch” e “
In the hands of time” (grande prova di
Mario Percudani), che la
band esegue in maniera impeccabile con l'ausilio del
very, very, very special-guest Castronovo, o non assistere a un’attivazione speciale dei gangli sensoriali di fronte a “
Takin' me down”, “
Dr. love” (che qualcuno ricorderà nella versione degli Steelhouse Lane di
Mike Slamer, autore del pezzo assieme a
Mark Baker), “
Everything”, “
Hot cherie” (firmata dagli Streetheart, uno dei tanti
cult-heroes della scena canadese) e “
Rhythm of a red car”, “roba” ben salda nella memoria degli ammiratori di Bon Jovi, Hurricane, Firehouse e Steelheart e costantemente appassionante.
Mentre aspettiamo buone notizie dalla
label partenopea sul futuro del
Festival, aggiungiamo tranquillamente “
Life live” alla nostra preziosa collezione, considerandolo per quello che è ... una pressoché inedita (l’unico precedente ufficiale è l’abbastanza deludente “
Live at the Gods Festival 2002”) incisione capace di convalidare alla prova del palco le notevoli qualità artistiche degli
Hardline, una formazione che nell’attuale configurazione non sfigura nei confronti del suo prestigioso passato, garantendo a tutti gli estimatori del settore un’indissolubile continuità nell’agognata soddisfazione
cardio-uditiva.
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