Idolatrati in patria, dove hanno vinto importanti premi musicali per gli album "Kvelertak" (2010) e l'osannato "Meir" (2013), i norvegesi
Kvelertak sono ormai una realtà anche a livello internazionale. Infatti, oltre agli elogi della critica ed al successo di pubblico, hanno più volte diviso il palco con superstar del calibro di Metallica, Slayer, Gojira, Mastodon, ecc, a testimonianza della considerazione conquistata nell'ambiente dal 2005 ad oggi. Il loro segreto è, a mio avviso, la grande capacità di elaborare influenze e stili diversi in un sound compatto e roccioso. Nei loro brani ci sono spunti per tutti i gusti: dal rock sanguigno all'hardcore metal, dal punk più assassino alle aperture melodiche più spiazzanti. Una sorta di alchimisti della musica pesante, che cantano prevalentemente in lingua madre, ma possono tranquillamente esprimersi in inglese, vedi un paio di brani presenti in questo album. "
Splid" esce dopo qualche doloroso cambio di line-up, infatti non troviamo più lo storico vocalist Erlend Hjelvik ed il batterista Kjetil Gjermundrod, sostituiti rispettivamente da
Ivar Nikolaisen (già con i punkster The Good the Bad & the Zugly) e
Havard Takle Ohr. I nuovi innesti sembrano aver portato un'energia molto positiva, perchè questo lavoro spacca di brutto.
Prendiamo come esempio gli otto minuti di "
Fanden ta dette hull!", che cominciano con un riffone hard alla Ac/Dc (sì, avete letto bene!) ed un passo cadenzato ed orecchiabile che piacerebbe perfino al mio amico Aimax, ritornello anthemico da arena-rock ed armonie chitarristiche quasi maideniane, poi improvvisamente si trasforma in un pestone thrash'n'roll da pogo senza regole, per mutare ancora in un heavy rock muscolare alla Mustash dal tiro anfetaminico. Brano che non tutti possono congegnare così bene.
Oppure possiamo parlare della convulsa "
Crack of doom", che vede la presenza di
Troy Sanders dei Mastodon, che è pura aggressività metal con un raffinato senso della melodia, intrecciata alle vocals isteriche dell'ottimo
Nikolaisen, grande rivelazione di questo album. O ancora, del timbro death/black della opprimente "
Necrosoft", una sciabolata di cattiveria distruttiva unita ad un refrein accattivante. O dell'industrial-punk adrenalinico "
Discord", che guardacaso ha come ospite
Nate Newton dei Converge. Tutta roba schiacciaossa di una ferocia e freschezza stordente. A tratti pesantissimi, a tratti accessibili, vedi la splendida "
Bratebrann", sempre incazzati e sferzanti, i ragazzi di Stavager non concedono tregua all'ascoltatore ma non risultano mai prevedibili o monotoni, grazie anche ad una abilità strumentale e compositiva non comune. Per chiudere il cerchio, propongono una "
Delirium tremens" che possiede dei tratti di eleganza quasi progressive/post metal, con atmosfera drammatica e decadente, esplosività heavy che ricorda molto gli Intronaut che sfocia poi in un rigurgito di black allucinato e perverso all'inverosimile.
Nulla da aggiungere, un ritorno in grande stile. I
Kvelertak sono una delle migliori formazioni di metal non ortodosso dei nostri tempi. Brillanti, tecnici, fantasiosi, una band che bisogna assolutamente conoscere.
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