Quinto album per gli psycho-rockers
Elder, di New Bedford, Massachusetts. Una band che dopo i primi due album, più orientati verso sonorità stoner, ha decisamente deviato verso una impostazione molto progressiva ed atmosferica, realizzando due lavori ben accolti da critica ed appassionati: "Lore" (2015) e "Reflections of a floating world" (2017). Nel nuovo "
Omens", gli americani si presentano con nuova line-up dopo oltre un decennio. Entrano in gioco il chitarrista
Michael Risberg ed il batterista
Georg Edert, oltre alla presenza come ospite del tastierista e creativo elettronico
Fabio Cuomo.
Approccio molto morbido, liquido, rilassato, ad un rock evocativo e neo-psichedelico. Il contesto è quello di formazioni come Colour Haze (con i quali il chitarrista
Nicholas DiSalvo ha collaborato), Ancestors, Litmus, Mars Red Sky, per la costante struttura free-form e jam-oriented e l'atmosfera avvolgente e sofisticata. Questo "
Omens" è composto da cinque lunghi brani, sostanzialmente delle suite, da dieci/undici minuti ciascuno. Chiaro che non siamo di fronte ad uno stile immediato o epidermico, bensì ad estesi percorsi che ricordano certo prog-rock settantiano, dove incontriamo una sorta di arcobaleno sonoro formato da melodie carezzevoli, arrangiamenti tastieristici, impennate di intensità chitarristica, giravolte ritmiche, passaggi rarefatti e vibrazioni post-rock. In sostanza un sound complesso, cerebrale, immersivo, talvolta più sognante e celestiale oppure più denso e terreno. La band americana ha curato con precisione ogni dettaglio, riprendendo ed ampliando il discorso del lavoro precedente e portandolo ad un superiore livello di qualità estetica. Un soffice viaggio come "
Halcyon" sembra davvero stimolare un contatto con il piano astrale, tra pennellate oniriche e tracciamenti cosmici. Non lontano da certe cose degli Earth o dei God is an Astronaut, per la sensazione di spirale infinita verso la componente più scenografica ed alternativa del rock. Passato, presente e futuro si fondono nel percorso dove convergono tanto gli Yes quanto i Pink Floyd quanto i contemporanei alfieri del nuovo movimento psichedelico. Molto coinvolgente, se vi piace questo tipo di orientamento musicale.
Lo stesso si può affermare riguardo la title-track, che evidenzia un taglio maggiormente concreto con qualche similitudine con gli Intronaut ma anche ampie parti sognanti e riflessive, o per il psycho-prog-rock "
One light retreating" con la sua consistenza vellutata e l'atmosfera malinconica e nebbiosa. Tracce articolate, sinuose, ariose, dove si apprezza la scelta delle sonorità, gli arrangiamenti elaborati, lo snodarsi frastagliato del sound, l'improvvisa crescita della tensione rock, la mutevolezza delle trame ed un sottile retrogusto vintage magniloquente.
Gli
Elder dimostrano di aver raggiunto la piena maturità compositiva, la consapevolezza dei propri grandi mezzi e l'ambizione di sperimentare soluzioni sempre più complesse ed ardite. Un disco molto bello, elegante, caleidoscopico, denso, che vi conquisterà ascolto dopo ascolto.
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