Copertina 7

Info

Anno di uscita:2006
Durata:55 min.
Etichetta:Small Stone
Distribuzione:Brainstorm

Tracklist

  1. SINNER TAKES ALL
  2. TASTE OF THE WASTED
  3. ANOTHER LESSON
  4. TO THE LIMIT
  5. CHECK THIS OUT
  6. MAN’S RUIN
  7. TWIST OF THE SPINE
  8. RISE
  9. DEME SU COOLO
  10. THREE CARD
  11. WISH I WAS GONE
  12. FLORES DE SANGRE

Line up

  • Mike Langone: vocals
  • Mike Vitali: guitar
  • Guy Sarkes: guitar
  • Brendon Slater: bass
  • Jared Kock: drums

Voto medio utenti

Ennesima formazione che emerge senza alcun preavviso, perlomeno per noi europei, dal fitto sottobosco heavy statunitense, ambiente che malgrado non riceva il minimo sostegno dalla critica “colta ed importante” si ostina a rifiutarsi di scomparire. Certo è una scena nebulosa, da sempre ignorata dalle luci della ribalta, ma che rappresenta uno dei pochi rifugi sicuri per i praticanti di quel rock sporco, sanguigno, volgare, pericoloso, che si vanta orgogliosamente di essere impresentabile nei melensi contenitori tele-radiofonici di tendenza. Per questo motivo coloro che insistono su tale linea sono stati dichiarati sorpassati, vetusti, fuori moda e magari pure fuorilegge, proprio dai personaggi che producono e manipolano quei programmi.
Siamo al livello di una riserva pellirossa, entro la quale la Small Stone interpreta la parte del saggio stregone evocatore di spiriti amici.
Questa volta si è materializzato un quintetto di Albany, NY, che si chiama GreatDayForUp ed esibisce in formazione un paio di nomi di lontane ma evidenti origini italiane.
In realtà non si tratta di band totalmente sconosciuta, perché avevano esordito con uno split-cd in comproprietà con gli ottimi Solace e la loro prova molto positiva ha creato una certa attesa per il debutto su lunga distanza. Dalla mia introduzione avrete però già compreso che in quest’album non scoprirete nulla di innovativo o soprendente, neppure particolari sciccherie melodiche o tecnico-strumentali. Infatti è un classico disco di heavy rock massiccio e granuloso, uno spesso blocco di ritmiche fangose ideali a garantire un sano headbanging corredato da generose dosi di fumoso groove da birreria. Lo stile è quello torvo, incazzato, colloso, nella scia di Down, C.O.C., Sixty Watt Shaman, Puny Human, Throttlerod e folta compagnia. I brani si sviluppano con passo pesante, a tratti opprimente, con qualche sconfinamento nel territorio doom/sludge, vedi la pachidermica “To the limit” o l’angosciante e mortifera “Wish I was gone”, dove la band rallenta ulteriormente la sua corsa ma resta pronta a riemergere dalle buie paludi di sofferenza con improvvisi slanci di velocità che profumano di metal ottantiano.
Altrove si viaggia su ritmi più sostenuti ed emerge l’ottima prestazione del vocalist Mike Langone, un misto tra Jason dei Solace e Pete Stahl dei Goatsnake, in grado di ben figurare sia nei toni da bullo rissoso che nei frequenti passaggi rozzamente melodici, esempio “Another lesson” che li comprende entrambi. Pescando ancora dal mucchio, “Twist of the spine” cita proprio i Down in modo piuttosto evidente, “Deme su coolo” punta invece sul versante metal urlato e moderno, mentre la monolitica “Rise” riassume nel suo tenebroso crescendo esteso per oltre sette minuti tutte le caratteristiche essenziali dei GreatDayForUp.
Forse sarà colpa della Small Stone che ci ha abituato a produzioni sempre di primissima qualità, ma l’impressione che si ricava dalla prova dei ragazzi di Albany è quella di un lavoro solido ed anche abbastanza convincente, ma certo non brillante. Il gruppo ha ancora bisogno di una robusta infiltrazione di personalità, che lo renda più riconoscibile in un panorama già di per sé piuttosto uniforme. Ed ancora, troppa parsimonia nell’utilizzare slanci che spezzino l’incedere metodico, così le canzoni tendono ad appiattirsi su linee comuni ed un velo di monotonia si fa strada durante l’ascolto. Il breve ma tristissimo finale pianistico-depressivo della title-track non è certo la soluzione più adatta a sollevarlo.
Queste sono sfumature critiche rivolte più che altro agli esperti del settore, chi invece non conosce a memoria i dischi di illustri carneadi come Weedeater, Dixie Witch, Camarosmith, ecc, può tranquillamente prendere questo “Flores de sangre” e gustarsi le mazzate di un buon lavoro heavy rock muscolare, leggero e digeribile come una colata di cemento.
Attenti solo ad essere preparati ad uno stile che vuole risultare ostico ed elefantiaco, altrimenti la sua marcata staticità potrebbe rendeverlo indigesto.

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