Partiti più che altro con velleità death metal, magari di stampo "melodic", e contaminati nel corso degli anni da sonorità metalcore, i parmensi Wall of Palemhor giungono oggi al loro full length "D.R.A.M.A.C.O.R.E.", un disco intenso e ben realizzato, piuttosto eclettico e dinamico che riesce a ben esplicare e congiungere in maniera armonica tra di loro tutte le sfaccettature del quintetto emiliano.

L'ingresso di Davide dietro al microfono è stato decisivo per il passaggio a questo sound devoto al deathcore ed in effetti sin dall'iniziale "You Worth" si percepisce l'unione tra la sua aggressività vocale ed il riffing dietro di scuola scandinava, decisamente stile "At the Gates", che via via declina in soluzioni miste, alternando scuola classica a proposte decisamente più moderne in un turbinio di riffs effettivamente sempre all'altezza e coinvolgenti. La profonda voce di Davide si propone come contraltare alla buona melodia degli assoli, tra riffaggio acido e cori urbani di matrice pienamente hardcore, insomma tanti elementi messi insieme ma con sapienza e moderazione, il che rende non solo godibile ma anche piacevole l'ascolto dell'intero disco che peraltro con la sua giusta durata di 31 minuti si fa digerire bene e lascia quel retrogusto dolceamaro che ti fa voglia di dire "mah...me lo voglio riascoltare!", cosa che ho fatto con piacere questi giorni di forzata quarantena, anche una volta terminato l'impegno promozionale.

Stesse caratteristiche dell'opener ritroviamo anche nella successiva "Right on your Back", agonizzante nel proprio incedere tra midtempone groovoso ed accelerazioni schizzate, di nuovo ottimi assoli ed un crescendo di rabbia ed impatto che per una band come quella dei Wall of Palemhor sono un must.

Un senso di negatività, di rassegnazione, di cupo abbandono arricchisce ulteriormente le composizioni contenute in "D.R.A.M.A.C.O.R.E.", a volte quasi slayeriane, a volte più di scuola old death metal, con la titletrack acustica, quasi un urlo disperato di ricerca di aiuto, prima delle due mazzate finali che mettono fine ad un'insperata agonia, con l'eccellente "Worms Inside" a fissare la pietra tombale.

Bel disco, prova matura e, visto le molteplici influenze, non era affatto facile combinare un disastro e bruciare tutta la carne sul fuoco.