Gli sconosciuti (a me)
No Raza sono una band colombiana, stabilitasi in Florida, che porta avanti il proprio discorso death metal addirittura dal 1997 ed è giunta, con il presente “
Transcending Material Sins”, al quarto full-lenght.
Si diceva death metal, ed in effetti la band sciorina quasi un’ora di puro death metal, ben suonato, con una discreta tecnica di base, anche ben composto, riuscendo a variare i colpi, tra accelerazioni furibonde, come in “
Reborn”, e rallentamenti sulfurei tanto cari alla scuola
Incantation/
Immolation, come ad esempio in “
Sail In Rot”.
Peccato per la batteria che suona molto triggerata, quasi finta, non finta come quella dei
Krisiun di “
Ageless Venomous”, che all’epoca mi costò una furibonda e leggendaria litigata telefonica con i fratelli
Kolesne. In effetti i suoni di batteria appiattiscono l’impatto sonoro delle canzoni, talvolta affossandole definitivamente.
Tuttavia il difetto principale è l’anonimia della proposta, troppo simile a tante altre, troppo debitrice di troppe bands e capisaldi del genere. Badate bene, il problema non è che la proposta sia derivativa, d’altronde è quasi impossibile inventare qualcosa di nuovo in un genere conservativo per eccellenza come il death metal, e altre volte non abbiamo lesinato più di una lode a bands oltremodo derivative. Qui il problema è che dopo l’ascolto non resta nulla e veramente potremmo avere serie difficoltà a riconoscere la band che suona su, che ne so, una “
Fratricide” a caso. Zero personalità, ecco tutto.
Se questo disco fosse uscito nella prima metà degli anni ’90 avrebbe avuto un suo deciso perché, ed esistono altre centinaia, migliaia, di bands che suonano tutte uguali. Non potendole stroncare tutte, cosa che non sarebbe peraltro giusta, ne prendiamo solo il buono.
Il buono qui lo troviamo in pezzi come “
Decontamination”, con un bellissimo assolo e un finale groovy e cadenzato decisamente azzeccato dopo l’assalto iniziale.
Per il resto, come si dice in questi casi, solo per amanti del death metal.
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