È da qualche anno che una nuova ondata di band dedite al metal classico sta invadendo i nostri stereo, deliziandoci con bordate di metallone nella sua forma più genuina. Alcuni sono gruppi piacevoli che sfornano dischi ben fatti, essenziali per mantenere in vita il genere, goderecci da ascoltare e che richiamano fortemente questa o quella band famosa del passato.
Ci sono poi altre formazioni che vanno oltre, che non copiano, che non rubano riff o strutture, che sono certamente influenzate dai campioni del genere ma che hanno qualcosa in più; parlo di
Visigoth,
Riot City, Lunar Shadow,
Spirit Adrift,
Evil Invaders,
Ironflame, Haunt,
Toxikull... Ho avuto la fortuna ed il piacere di recensire tutte le band citate e mi sento onorato ad introdurvi al nuovo
Termination Shock, secondo lavoro dei canadesi
Traveler, che rientrano certamente tra le band di eccellenza del panorama metallico odierno.
L’anno scorso il precedente (ed omonimo) lavoro era finito tra gli album migliori del 2019, attendevo quindi con ansia una conferma ad alti livelli. Beh, tenetegli pure una posizione nelle vostre playlist di fine anno: i
Traveler non solo riescono a confermare quanto di buono proposto in precedenza, ma vanno oltre.
La registrazione del nuovo
Termination Shock è due spanne sopra quella del disco precedente e, sia chiaro, non ne faccio una mera questione di suoni, è che sono riusciti a stratificare la loro proposta aggiungendo finezze ed arrangiamenti che spingono ancora più in alto questo nuovo lavoro.
Jean Pierre si conferma singer di razza e, grazie a linee vocali curate e sovrapposte in certi punti, riesce ad essere ancora più incisivo e donare una buona varietà alla sua performance. Grande è anche il lavoro delle chitarre, molto preciso, con ritmiche e riffing incastrati alla perfezione ed assoli che passano da un manico all’altro facendo emergere con chiarezza la personalità dei chitarristi. Della batteria c'è poco da dire,
Chad Vallier è un fabbro e sebbene picchi sulle pelli in modo più misurato e "composto" rispetto alle sue prestazioni con i
Riot City, è sempre efficace e preciso. Vera novità, e punto fondamentale del nuovo
Termination Shock, è l'inserimento al basso di
Dave Arnold. Sull'album precedente, infatti, era stato lo stesso
Matt Ries ad occuparsi delle 4 corde ma oggi, grazie a
Dave (già attivo live con i Traveler) è possibile godere di un suono più pieno, profondo. La sua presenza dona varietà al disco ed è spesso in primo piano con linee intelligenti e complementari a quelle delle chitarre. Un vero valore aggiunto.
L'album ha una durata perfetta per essere apprezzato e riascoltato subito una volta terminato, non si perde in inutili riempitivi e va dritto al punto. Si percepisce un certo sapore di
Piece of Mind e
The Number of The Beast, non certo per parti copiate ma per il lontano richiamo di alcune soluzioni, per il mood di certi riff ed assoli. Come dicevo in apertura, non dovete temere: qui nessuno ricalca riff o strutture, si tratta solamente di una naturale influenza, perché se suoni questo genere come fai a non avere impressi nel DNA certi dischi?
Lungo i 40 minuti di
Termination Shock abbiamo canzoni che viaggiano abbastanza spedite, altre che sono coinvolgenti up tempo, altre ancora (come "
After the Future”) che sembrano ballad poi, un po' alla volta, prendono quota fino ad esplodere. In alcune situazione è poi possibile percepire un gusto seventies per certe soluzioni ("
Diary of a Maiden"), in altri momenti un leggero sapore dei primi Helloween può emergere (“
Deepspace"). La varietà è però buona, i cambi di ritmo ed i bridge funzionano, gli assoli sono a volte molto melodici e misurati, altre volte più tecnici e prolungati ma sempre in funzione della canzone, senza inutili sbrodolamenti, anzi, spesso sono trascinanti e ti fanno alzare il volume.
Io, ragazzi, non mi dilungherei oltre. Potrei scrivere due o tre righe per ogni pezzo ma finirei per annoiarvi a morte e, sinceramente, vorrei che questo tempo lo dedicaste ad ascoltare direttamente il disco oggetto di queste mie parole.
Se nel 2020 avete voglia di ascoltare vero metal classico, i
Traveler sono la scelta giusta. Se rispondete dicendo "è sempre la stessa musica, non è nulla di nuovo", beh, il problema non è la musica, siete voi.