Abbastanza gradevole anche se ancora un po’ immaturo, l’indie/noise rock degli svizzeri Voodoocake.
Il loro pastiche di melodie pop, chitarre rumorose ma non troppo, bagliori di psichedelia e architetture musicali ipnotiche, rimanda direttamente alle esperienze di formazioni quali Granddaddy, Pavement, Sonic Youth, risalendo fino a Flaming Lips e Pixies, e arrivando, se volete, addirittura a qualcosa del grunge più legato al garage-rock, e pur dimostrando sufficienti qualità complessive e basi piuttosto solide, appare però anche dispersivo e “titubante”, in una misura che difficilmente consentirà agli elvetici di emergere in maniera sostanziale dal pantano della scena underground.
Personalmente preferisco i Voodoocake quando condiscono le loro composizioni con tastiere sixties e ambientazioni vagamente “lisergiche”, combinate con un soddisfacente lavoro sul tema “impatto & coinvolgimento” (“The saucier of Paris”, “Domina” e anche “Breathalyse me”, nonostante un falsetto a volte un po’ importuno), non mi spiacciono le loro nevrosi “radio friendly” (“Hellmex”) o le loro costruzioni melodiche nei casi in cui dimostrano discrete doti d’espressività (la stralunata “Turboloser”, l’alternative/pop malinconico di “Smile” e “Mollymook”, contraddistinta da una minima assonanza con le oscurità languide d’estrazione Cure-esque), mentre altrove trame eccessivamente anonime (“Banana Boy”) e tentativi di “sperimentazione” solo parzialmente riusciti (“J.Q.X.Z. are missing”, “Après-ski” e “Hypnosis”) destano alle mie orecchie parecchia perplessità.
“Fetishist” è un disco che oserei definire “interlocutorio”, non brutto, ma neanche capace di catalizzare l’attenzione con una sceneggiatura avvincente e convincente … uno dei tanti, insomma, che prescrive ai Voodoocake una cura a base di miglioramento nel songwriting e di robusta ricerca di una personalità propria … À la prochaine fois, garçons!
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