Non è mai veramente “morto” il rock demenziale, soprattutto nelle sue accezioni più cantautorali o dialettali
(ricordo ancora quando, per un mantovano come me, era un “evento” andare a un concerto di Frenchi Fagiano e i Nedar Mut a qualche sagra di paese, ndr).
In un momento in cui c’è un gran bisogno di provare a sorridere, ecco capitarmi tra le mani
“Mulo De Paese”, terza opera del combo goriziano
Marongiu & I Sporcaccioni attivo dal 2004.
Non scomoderei i “soliti” Skiantos o Elio e le Storie Tese perché la proposta della band - anche quando scimmiotta o plagia
Vasco Rossi (spessissimo a dire il vero, come nel caso di
“Condanna”, “Non Me Ricordo Più”, “Isons”, la titletrack,
“Bisiac E No Furlan”) piuttosto che certo hard rock più ruvido e deciso (le scurrili
“Volpe Russa” e
“Febbre”) - pur mantenendo una dignità ben al di sopra della media, non regge oggettivamente il confronto con le band sopraccitate. Ecco, se proprio dovessi, azzarderei piuttosto un parallelo con i Tenacious D di
Jack Black.
Come realizzare un album rock con passione senza prendersi troppo sul serio.
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