Dopo due dischi pubblicati senza nessuna etichetta, dopo 13 anni di gavetta, il quintetto statunitense
Voices Of Ruin approda alla
M-Theory Audio (label a stelle e strisce specializzata in death e thrash) e con la produzione di
Logan Madder ("
Titan" dei maestri
Septicflesh è un suo lavoro) rilascia il "fatidico" terzo album "
Path To Immortality".
E, come avrete capito dal voto in calce, centra perfettamente il bersaglio.
Cosa cerchiamo, cosa cerco io personalmente in un disco death melodico? Tecnica, violenza, aggressività, melodia, emozioni e soprattutto CANZONI: ecco premete pure "play" sui vostri lettori e ne avrete a vagonate.
Quello che mi fa incazzare come un'ape è il fatto che molti appassionati aspettino come la manna dal cielo, come i servi dei signorotti medievali assiepati sotto le tavole dei banchetti luculliani dei propri padroni in attesa delle briciole, che i vecchi leoni del genere partoriscano ancora qualche riflesso opaco della loro gloria passata mentre questi sono in tutt'altre faccende affaccendati (ogni riferimento a corsi di yoga, scarpe istoriate, mascherine anticovid personalizzate è puramente voluto) e non rivolgono le loro attenzioni a nuove realtà che con passione, capacità e palle fumanti tengono alto il vessillo del genere.
"
Path To Immortality" è un inno al death melodico come dovrebbe essere fatto nell'A.D. 2020: fedele ai dettami che lo hanno reso grande attualizzati e resi personali con le proprie abilità.
Subito dopo l'intro acustica "
Other Side", nel quale il disco prende una sorta di respiro profondo prima del salto, i
Voices of Ruin aumentano vertiginosamente i giri del motore srotolando una serie di brani pazzeschi per riff, partiture vocali, sezione ritmica e soprattutto emozioni incise.
"
Carved Out", "
Suffering Silence", "
Reach Toward The Sky" potrebbero essere manifesto di come oggi vada suonata questa musica: intrecci di chitarra violenti ed al contempo melodici, basso fiammeggiante a sostenere l'impianto sonoro ed un drumming incisivo, vario e fantasioso; il tutto condito dal growling mai monotono del singer
Dave Barrett.
Senza voler entrare troppo in un'analisi delle singole tracce mi permetto di soffermarmi su due pezzi in particolare: la titletrack ed il sesto del lotto "
I Am God".
In questi due brani i nostri danno il meglio del proprio -vasto- repertorio con sonorità incredibilmente epiche ed evocative, ritornelli trascinanti, armonizzazioni di chitarra magiche e rallentamenti che altro non sono che una rincorsa ed un incitamento ad esplodere nei successivi devastanti assalti.
I
Voices of Ruin hanno la fortuna (che si sono cercata e costruita, sia chiaro) di avere una coppia di chitarristi incredibili in grado di dare un respiro ampio ed emozionante a tutte le canzoni, pur restando una macchina schiacciasassi per l'incontestabile cattiveria che pervade ognuno dei 46 minuti del full length.
Minuti che scorrono veloci e che -come troppo raramente accade- fanno rimpiangere l'arrivo della fine segnata dall'epicità di "
Everlong".
"
Hanno preso da..." oppure "
In alcuni passaggi mi sembra di risentire i..." o ancora "
Certo bravi, ma non inventano certo nulla al contrario dei..." (sostituite ai puntini le band che più vi pare): la verità è che i
Voices of Ruin sono semplicemente grandi in proprio e che "
Path To Immortality" ad oggi è il miglior disco di death melodico uscito da parecchio tempo.
Voices of Ruin - "
I Am God"
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