Copertina 5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2020
Durata:36 min.
Etichetta:DeadPop Records

Tracklist

  1. EMBER
  2. HOLLOW WORDS
  3. RAVENOUS
  4. ARISE
  5. DISSOLUTION
  6. PESTILENCE
  7. PALE TONGUE
  8. SWAN SONG

Line up

  • Dangelbær: vocals
  • Thomasino: guitars
  • Alex: guitars
  • Brage: bass
  • Alsen: drums

Voto medio utenti

I Feleth sono 5 ragazzotti norvegesi, piuttosto giovani, che giungono al debutto con il presente “Depravity”, disco che, se da un lato, mostra una certa convinzione di base e una discreta capacità compositiva, dall’altro lato, invece, è quanto di meno originale ci possa essere.
Il death metal melodico della band, che si pregia di alcuni parti veramente heavy, è pervaso da un costante senso di dejà vù, a partire dalle vocals, sì brutali, ma già sentite altre 1000 volte. Di certo non aiuta una produzione molto pulita, standardizzata, che mitiga l’aggressività e l’intensità sonore della band, che pure ci sono.
E sembra intellettualmente disonesto quanto avviene a metà della canzone “Dissolution”, allorquando la band, forse proprio per dare quel pizzico di originalità al proprio sound, infila uno stacco jazz che non serve assolutamente a niente, se non a voler confondere l’ascoltatore. Ed è un peccato, perché poco prima, avevano mostrato con “Arise” di saper comporre canzoni pesanti, heavy ed aggressive.
Se vogliamo analizzare “Depravity” dal punto di vista stilistico, dobbiamo concludere che il disco si inserisce nell’odierno filone di bands che sanno suonare, sanno comporre e registrare dischi in maniera professionale, che sanno offrire un prodotto formalmente ineccepibile, ma che è semplicemente uguale a tanti altri.
Certo, canzoni come “Pestilence” e “Pale Tongue” (anche qui tentano di fregarci con un intermezzo ‘alieno’) vi daranno quella manciata di minuti di fomento e scapocciamento, ma appena premuto il tasto stop del vostro lettore musicale, non vi ricorderete nemmeno più cosa stavate ascoltando.
Il voto è semplicemente la media tra la forma (7) e la sostanza (3).


Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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