Tra singoli e gustose anticipazioni, tutte molto “rassicuranti”, ero convinto che “
Another time and place” non mi avrebbe “sorpreso”.
E invece oggi che ho l’occasione di gustarmi per intero il secondo lavoro
Room Experience, lo stupore mi assale in maniera abbastanza inusitata, e per diverse ragioni, che andrò brevemente ad esporre.
Innanzi tutto, perché rispetta appieno le immani aspettative assegnate ad un supergruppo chiamato ad assecondare il suo nobile
pedigree senza prodursi in una sterile reiterazione di quanto già proposto in precedenza.
Poi perché tutti i musicisti presenti, senza distinzione, forniscono un significativo contributo all’opera, in una coesione d’intenti e di talenti che finisce per illuminare di tensione espressiva, per di più piuttosto “riconoscibile”, un programma inattaccabile dalla prima all’ultima nota.
Infine,
last but not the least, perché il
songwriting di
Gianluca Firmo e degli altri
Experiencers è oggi pienamente maturo, vario, adescante e intenso, perfetto per le interpretazioni dense di
pathos di
David Readman, sempre più coinvolto in quello che solo qualcuno affetto da otopatologie degenerative può osare definire un “ornamentale”
all-star project.
Introdotto da una suggestiva illustrazione di copertina (appannaggio della fidata destrezza della
Aeglos Art) e sostenuto dalla competente regia sonora di
Alessandro Del Vecchio (impegnato in missaggio e masterizzazione), “
Another time and place” si dimostra fin dall’atto d’apertura un’incisione “
armed and ready” per soggiogare i timpani e gli animi più raffinati … “
Hear another song” incarna il suo ruolo di primo singolo del disco con uno squisito andamento armonico (che in altri tempi si sarebbe detto da “paradiso radiofonico”), in cui far convivere pulsazioni
hard e una certa “malizia commerciale”, instillate in melodie pronte ad esplodere in un contagioso coro.
Un
synth oscillante funge da sostrato al soffuso clima notturno di “
Wild heart”, rischiarato ancora una volta da un’allettante linea musicale (puntellata dal basso della n
ew entry Simon Dredo), e se la miscellanea di
riff cromati (
courtesy of Matteo Serra) e aperture ariose di “
Disappointed” non vi provoca fiotti istantanei di dopamina, direi che forse è meglio abbandonare l’ascolto e rivolgersi ad altri lidi stilistici.
Enfasi, sentimento e
refrain “a presa rapida”, nella migliore tradizione
AOR, contraddistinguono la successiva “
Strangers in the night”, che lascia il posto all’elettricità vellutata di “
The distance” (pregevoli sia le tastiere di
Davide "Dave Rox" Barbieri e sia la sofisticata chitarra di
Sven Larsson) e all’imperioso crescendo emotivo di “
Shout”, capace di conficcarsi agevolmente nella memoria.
Copiose dosi di
feeling le elargiscono pure la
title-track dell’albo, lo
slow “
The miles that make a road”, l’ariosità
rootsy di “
The night goes on” e la
verve malinconica di “
A thousand lies”, mentre con “
Your voice inside”
Readman impartisce una lezione di passionalità e ispirazione a chi crede che le ballate siano solo un’imprescindibile formalità tipica di certi contesti musicali.
Sempre in fatto di sensibilità, non rimane, in dirittura d’arrivo di quest’appagante esperienza
cardio-uditiva, che rimarcare le doti di
Firmo anche come cantante (a questo proposito giova ricordare anche il suo godibile lavoro solista “
Rehab”), apprezzabili nella versione di “
The distance” che funge da
bonus-track all’edizione europea di “
Another time and place”.
Parafrasando il titolo del disco, concludo la disamina affermando in maniera perentoria che non c’è bisogno di attendere ulteriormente … questo è il “
posto e il momento giusto” per consacrare quello dei
Room Experience tra i grandi nomi del settore, depositando così un marchio di “garanzia melodica” con cui la scena contemporanea dovrà fatalmente confrontarsi.