Considero i
Vega uno dei primi gruppi da citare per smentire quanti credono che il
rock melodico sia un genere “superato”, svilito e sfibrato da troppi
cliché.
Fermo restando che adoro gran parte di quegli stereotipi (in particolare quando sono gestiti con vocazione e temperamento …), gli inglesi sono sempre riusciti a superarli senza mortificarli, ereditando dai maestri il gusto per le melodie vocali di “facile” fruizione e le strutture armoniche d’impatto istantaneo, inserendole in un contesto musicale variegato e ricercato, costantemente fresco e straordinariamente efficace.
Un
sound di “confine”, dunque, che opera felicemente tra
AOR,
hard e
pop ed è capace di sfuggire alla
routine grazie ad un’incontenibile forza espressiva, libera da condizionamenti di stile e da futili sensi di “appartenenza”.
“
Grit your teeth”, la sesta testimonianza discografica dei nostri, rappresenta l’ennesima dimostrazione di una vitalità rara, la quale, assieme a perizia strumentale, scintillante
feeling interpretativo e a un innato talento compositivo, lo colloca senza indugio tra le numerose perle soniche di un anno che purtroppo sarà ricordato per questioni diverse dalla sua inusuale fecondità artistica.
Continuando a sfruttare l’approccio “muscolare” esibito nel precedente “
Only human”, il nuovo albo esordisce con la grinta adescante di “
Blind” e la linea armonica catalizzante di “
(I don’t need) Perfection”, per poi piazzare con la sua
title-track un tributo ai Def Leppard di eccezionale eleganza e incisività.
Il
groove denso e magnetico di “
Man on a mission” sfida i connazionali Thunder sul loro terreno preferito, mentre “
Don’t fool yourself” è il brano perfetto da far ascoltare a
Jon Bon Jovi per ricordargli come si realizza un grande e ispirato
hit radiofonico, arte in cui l’americano non eccelle più già da qualche tempo.
E sempre in tema d’imponenti possibilità di affermazione “commerciale”, ecco arrivare il fascino crepuscolare di “
Consequence of having a heart” (con un
refrain che rievoca i Tears For Fears …) e le enfatiche pulsazioni di “
This one’s for you” e “
Battles ain’t a war”, che si aggiungono al tocco “alternativo” della favolosa “
Save me from myself” per costituire materiale sonoro di prim’ordine, adatto anche per le
heavy rotation contemporanee.
Con altri due saggi di approccio non “inamidato” alla nobile e vaporosa materia
adulta, intitolati “
How we live” e “
Done with me”, si conclude una nuova appagante esplorazione tra le spire del
Rock di Qualità, l’unica catalogazione possibile quando si ha a che fare con la musica di una radiosa costellazione artistica denominata
Vega.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?