Difficile parlare di questi The Mars Volta senza scadere nel banale iperboleggiare. Una band che possiamo definire " unica ", anche se di fatto non ha creato nulla di nuovo, in termini prettamente di innovazione o fantasia. Quindi dove risiede tutta questa unicità? Forse nel coraggio di una proposta musicale così anacronistica rispetto all'impeto dei tempi moderni? Difficile accostare il sound prettamente settantiano dei nostri, figlio di un clamoroso incrocio tra Led Zeppelin e King Crimson, ma non solo, al frenetico lifestyle che contraddistingue le nostre esistenze. In ogni campo, nel nostro specifico quello artistico della musica, si tende a correre tantissimo, bruciando senza pietà creature che avrebbero avuto in altre decadi, tempi e modi per evolversi e consacrarsi. Quindi, come si giustifica una così feroce attenzione nei confronti dell'ensemble multietnico? Come possono crescere tutte queste aspettative e come può alimentarsi l'attesa spasmodica ad ogni release dei nostri? Le risposte non sono di facile reperibilità, e forse ogni forma di giustificazione può costituire un azzardo. Dopo la disunione degli At The Drive-In, altra sfavillante realtà di questo pazzo music business, le strade artistiche dei due tronconi, The Mars Volta e Sparta, hanno percorso rotte diametralmente opposte. Se i primi hanno, nel breve volgere di tre album, dato uno scossone notevole alla scena musicale, i secondi hanno svelato tutta la loro mediocrità. Quindi è il Genio, termine così pesante ed ingombrante, la soluzione, la risposta, la verità? Il genio di Omar Rodriguez-López, musicista di assoluto valore, spesso strabordante, perso nei meandri di un ego smisurato? Possibile... Dopo il mastodontico " Frances The Mute ", sul quale si sono comunque riversate numerose e durissime critiche, un vero crogiolo di fughe solistiche, free noise, feedback come se piovesse, molte domande si erano accavallate nella mente dei fans. Dove avrebbe condotto la propria creatura, questo eccentrico musico? Avrebbe ancor di più spinto la sua musica verso lidi oscuri, deviati, senza possibilità di redenzione? O, auspicato da moltissimi, avrebbe dato uno sguardo al passato, cercando di scorgere un barlume di forma canzone, meno artistico ( e con questo termine spesso giustifichiamo anche l'ingiustificabile... ) ma più funzionale, asciutto, coeso e diretto? " Amputechture " dissipa pochissimo tutti questi quesiti. E compie questo sadico giochino nella maniera più subdola che ci possa essere. Lo fa alternando sprazzi di lucidità, modestia e profilo basso, a veri tuffi nella psiche contorta e totalmente avida di limitazioni. Questo è certamente un difetto, al quale il chitarrista non pone freno, assurgendosi a dio delle sei corde, tramutandosi spesso e volentieri in un Carlos Santana lascivo e tentatore. Le otto composizioni presenti, danno ampio esempio di come la calligrafia dei nove artisti coinvolti sia ispirata, seppur sovente di difficile lettura ed interpretazione. L'opener " Vicarious Atonement " ha un incipit sognante, modellato tra la sei corde di Omar e la voce suadente di Cedric Bixler-Zavala, il quale modificherà spesso e volentieri il proprio registro vocale, sfiorando spesso Queen e lamentosi vocalizzi Farinelliani. Tutto questo morbido scivolo ci porta alla prima suite del disco, " Tetragrammaton ", sedici minuti di assoluta follia; ed è qui che saltano fuori, incontrollati, tutti i difetti ( o pregi? i dubbi sono sempre dietro l'angolo ) dei The Mars Volta. Tra cambi d'umore, riffs graffianti come gli artigli di una tigre, il drumming fantasioso e caldo di Jon Theodore, un cuore pulsante dietro le pelli, le vocals poliedriche ed i giochi di manipolazione dei suoni da parte di Pablo Hinojos, questo abbondante quarto d'ora passa in fretta, lasciando in noi una sensazione di piacevole disagio. A cosa abbiamo appena assistito? Ad un capolavoro? Oppure si è trattato di una sonora presa per il culo? Buttandosi, a cerca di risposte, nella successiva " Vermicide ", l'impatto è comunque poco rassicurante, dato che l'incedere di questa canzone è un continuo alternarsi tra momenti classic rock, sussulti progressive e uno spettro vocale che ha dell'impressionante. Ma questi sono i The Mars Volta, prendere o lasciare. " Meccamputechture " è il fisiologico prosieguo, dinoccolandosi tra momenti lisergici e atmosfere rarefatte, in un licenzioso excursus da qualsiasi logica. Un barlume di speranza è riposto nell'acustica " Asilos Magdalena ", canzone dolcissima, cantata nell'idioma spagnolo. Un brano toccante, l'apice emotivo di questo disco, giocato com'è su toni e colori diversi, più " umani " oserei dire. Un momento di estasi che viene rapidamente spazzato via dal brano più mainstream del disco, " Viscera Eyes ", dal songwriting quasi ignorante, data la sua immediatezza; una canzone che vede i The Mars Volta amoreggiare con i Tower Of Power, donando al tutto quel tocco di divertente spensieratezza che spesso, troppo spesso, manca alle loro composizioni. " Day Of The Baphomets " ritrova le coordinate folli ed astruse, oramai un trademark della band, arricchite ampiamente da un fitto lavoro di percussioni e fiati, i quali rendono il brano leggermente più accessibile, in un continuo battagliare tra elitarismo e taglio mainstream. Il sipario cala definitivamente con " El Cielo Vulnerado ", strepitoso commiato trasudante lisergismo da ogni nota, punto di contatto con l'opener " Vicarious Atonement ", per una chiusura perfetta del cerchio. Quello che poteva essere un capolavoro viene alla fine vanificato dai soliti problemi che affligono la creatura di Rodriguez-Lopez. Se il ragazzo non comincia a scendere a compromessi con il suo ego smisurato, dando finalmente una forma ai propri limiti, c'è il serio rischio di buttare alle ortiche un potenziale enorme; l'addio alla line up da parte di Theodore, dovrebbe far capire molte cose al giovane chitarrista. Quindi, come definire questo lavoro? Il voto potrebbe essere un numero qualsiasi tra lo zero ed il dieci. Personalmente questo " Amputechture " mi è piaciuto molto, rientrando a pieno diritto nella top list 2006. Ma un mero voto numerico è nullo, rappresentando quasi un'offesa ad un'opera, nel bene e nel male, così ricca ed importante. Al tempo, spesso galantuomo, lasciamo il giudizio finale.
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